Federica Cortesi, Studentessa del Corso di Marketing Digitale a Roma
Da quando la scuola è nata, nel non troppo lontano 2017, abbiamo scoperto di attrarre nelle nostre aule non solo studenti di Comunicazione. Altre discipline, infatti, sempre di stampo umanistico, hanno iniziato a orbitare intorno al nostro Corso in Aula di marketing digitale per arricchire il proprio profilo professionale.
Tra queste persone c’è Federica Cortesi, che lavora nel settore HR e vede il marketing come una materia complementare. Ha lavorato con grandi aziende come Unilever, KPMG e Oracle, dunque porta in aula un background professionale solido cui siamo confidenti aggiungeremo un livello ulteriore di competenza. Per voi, la storia di Federica.
Avere frequentato sia Triennale che Magistrale alla Sapienza di Roma significa aver assaporato ogni aspetto della formazione accademica tradizionale. Col senno di poi, guardando soprattutto al tuo presente professionale, cosa pensi di esserti riportata a casa dall’esperienza universitaria in Psicologia del Marketing?
“So di far parte di quel gruppo di persone oggi viste probabilmente come dei dinosauri. Quelli tutti lezioni, biblioteca ed esami. Quelli che durante gli studi di esperienze sul campo e di approcci orientati al futuro ne hanno avute veramente poche. Quelli che , una volta usciti, si sono accorti che mentre studiavano teorie e processi, vivendo di congetture e chissà quali analisi multivariate, altri ragazzi poco più giovani già lavoravano in una modalità ‘nuova’. Coraggiosa.
Sicuramente quel che mi porto nello zaino è la struttura, l’ impostazione o il mindset ( come piace chiamarlo adesso) e tanta, tantissima consapevolezza. Di fatto, se mi dovessero chiedere ‘Quanto di quello che hai studiato ha operativamente impattato sul lavoro?’ la risposta sarebbe ‘un 30%’. Il resto mi è stato tutto sapientemente insegnato dai diversi Mentor con cui ho avuto il piacere di collaborare nel tempo.
Non rinnego nulla della mia istruzione, anzi probabilmente se dovessi tornare indietro mi iscriverei nuovamente al corso di Psicologia della comunicazione e del marketing. Sicuramente, cambierei approccio. Prima, quando ci si iscriveva all’università, era per garantirsi quel tanto sognato e millantato impiego a tempo indeterminato. Che tanto poi, non fa nemmeno la differenza.
Adesso, è per impiegarsi oggi e non domani, in quel che più ci piace e ci fa sentire appagati con noi stessi, indipendentemente dalle fantomatiche probabilità di impiego o dallo stipendio. Ed è questo con questo spirito che ho imparato negli anni quanto non sia necessario studiare ‘a tappe’, aspettare la fine degli studi o di un qualsiasi percorso prima di fare qualcosa. Se le competenze sono forti e il voler rinnovarsi è inesauribile si può raggiungere qualsiasi risultato”.
La tua prima esperienza di lavoro pluriennale porta il nome dell’ospedale San Giovanni Addolorata. Quei quattro anni devono aver rappresentato un primo solido banco di prova per la tua tempra professionale. Come sei arrivata a questa opportunità come HR Intern e quanto si è rivelata vicina a quello che avresti studiato all’università?
“Questa domanda me la fanno spesso in fase di colloquio. Nell’immaginario collettivo la parola ospedale viene molto spesso associata ad un ambiente esclusivamente medico. In realtà dietro l’ospedale esiste una struttura che si occupa di tutta la parte amministrativa, di comunicazione (si, sembra strano ma anche in ospedale si fa comunicazione), commerciale e di risorse umane.
Chiarito questo punto, il mio ingresso presso questa struttura sanitaria è accaduto per caso. Per chi non lo so sapesse, per il conseguimento del titolo in psicologia, è necessario un tirocinio sia durante gli studi triennali sia specialistici. Senza dilungarmi in quelli che erano i modernissimi e potentissimi strumenti di richiesta, tra gli enti disponibili era presente l’A.O San Giovanni Addolorata.
Cercavano una persona, che studiasse psicologia affinché ingaggiasse i dipendenti interni alle attività e alla vision aziendale. Feci domanda specificando gli obiettivi del tirocinio e mi risposero che il dipartimento dedicato alle mie attività era quello delle Risorse Umane. Ne rimasi colpita perché ammetto che, da ignorante quale ero, pensavo che solo il settore marketing fosse deputato allo studio dei processi e delle motivazioni intrinseche alle persone per poi portarle alla tanto amata call to action.
Scoprii cosi che HR e Marketing sono complementari tra loro. Potremmo definirle le due facce di una stessa medaglia. Imparai nel tempo non solo ad organizzare le diverse iniziative, ma anche a comunicarle internamente. Inizialmente non mi capacitavo di cosa volesse dire fare Marketing interno. Con pazienza e attenzione la mia Tutor mi prese per mano e mi insegnò il mestiere.
Terminato il tirocinio obbligatorio, ho continuato a collaborare con loro per diverso tempo, perché mi piaceva e perché la stima instaurata era tanta e reciproca. Da qui è poi nato l’interesse, sempre più vivo, per l’Employer branding. Ma questa è un’altra storia”.
Unilever, KPMG, Oracle. A un certo punto la carriera decolla, e nomi di celebri aziende internazionali iniziano a comparire sul tuo curriculum. Immagina allora di dover raccontare la tua esperienza a una classe di studenti universitari. Come descriveresti il mondo delle multinazionali e, più nello specifico, tu di cosa ti sei occupata?
“Se ci penso un po’ mi viene da sorridere. Le multinazionali vengono viste come la copertina patinata di una rivista o come un Olimpo. In alcuni casi è vero, esistono aziende forti della loro storia e ancora sul mercato, freschi come delle start up. In altri casi purtroppo non è cosi. Le multinazionali sono enormi e super strutturate. Significa che per ognuno è responsabile della propria attività. Differentemente dalle Aziende più piccole, dove ognuno ha il suo ruolo ma fondamentalmente tutti fanno tutto e sanno fare tutto, le multinazionali sono caratterizzate da un altissimo tasso di specializzazione delle risorse che la compongono e da processi poco snelli.
Più è grande l’azienda, più macchinose sono le dinamiche. Non sono impossibili, solo particolarmente complesse. Le disegnerei come un dedalo, che più si conosce e più velocemente si percorre.
La rapidità è fondamentale. Specialmente per le risorse umane che devono essere in grado di supportare i dipendenti durante i continui cambiamenti, di qualsiasi natura, interni e/o esterni. Come anticipato poco fa, mi occupo di Employer branding. Supporto l’azienda nella definizione di una strategia capace di comunicare il valore del brand attraverso la voce delle proprie persone. In realtà è un pochino più complesso, l’employer branding di districa in attività diversissime, che come comun denominatore hanno l’esplosione del valore, dell’orgoglio e del benessere aziendale.
Non è semplice. Perché per quanto si possano progettare campagne di comunicazione, per l’ ingaggio di nuovi talenti, se a mancare è proprio l’investimento emotivo interno, a partire dall’Azienda stessa, seguire il trend è a dir poco inutile. Tengo particolarmente a sottolineare questo aspetto perché non è scontato. Molti sono convinti che bastano due post online, qualche evento ed è subito Employer branding strategy. È molto di più. È cura delle proprie persone prima di tutto. Attenzione al dettaglio, al benessere e alla qualità di vita in azienda. Se si riesce a costruire e mantenere tutto questo, il passaggio dall’interno all’esterno è automatico. Ed li che si interviene con strategie e attività. Per massimizzare e efficientare questo engagement”.
La Digital Combat Academy ti fornirà un set di competenze e network che accelererà il tuo percorso professionale. Guardando al team di Docenti, alle materie insegnate, e agli sbocchi lavorativi, descrivici il tuo scenario ideale. Dove ti vedi da qui a 2 anni e, soprattutto, come possiamo aiutarti a concretizzare questa visione?
“Ho deciso di reinvestire il mio tempo studiando ancora perché ogni giorno possa valorizzare la mia attività. È importante essere informati ma ancor più formati. Sembra una frase fatta e probabilmente lo è ma sapere di presunti nuovi strumenti e poi improvvisarsi nel loro utilizzo è controproducente. Dal corso mi aspetto proprio questo, che affini le competenze acquisiste nel tempo, combinandole con nuove, in un ambiente brillante e competente.
Mi immagino un’aula piena di ‘cervelli che girano incessanti’, con cui potermi confrontare, in grado di darmi una visione di quel che c’è sul mercato e di possibili futuri professionisti con cui collaborare. In realtà ad oggi, ancora in ripresa dopo alcuni avvenimenti, non so dove sarò. Se in un’altra multinazionale, in un’azienda più piccola o, perché no, in una mia società di servizi di Employer branding. So con certezza che rimarrò fedele a me stessa, professionale, onesta e piena di entusiasmo”.