Donato Cremonesi, l’importanza della cultura imprenditoriale per vecchie e nuove generazioni
Qui alla Digital Combat Academy ci piace raccontare e condividere storie di valore con la nostra community. Si tratta dopotutto di ispirare le nuove generazioni mostrando le esperienze, le battaglie e i successi di chi naviga i mari del mercato lavorativo da tempo.
Donato Cremonesi è senza dubbio una delle menti più mature e stimolanti che abbiamo ospitato su queste pagine. A un passo dal completare il suo prossimo libro, Donato è a capo dell’agenzia Idee e Soluzioni – più operativa e orientata ad advertising e web design – e Factory Communication, verticale sulla strategia digitale.
Illuminante la visione di Donato sul tema della cultura imprenditoriale, così importante per sostenere un business e così assente in molti imprenditori di vecchia e nuova generazione – i quali spesso non hanno visione, non sanno adattarsi al cambiamento o non dispongono degli strumenti di base per valutare se, come e quando lanciare un’azienda sul mercato.
Felici di aver ospitato parole e pensieri di un professionista del suo calibro, ecco per voi la storia di Donato, imprenditore consapevole.
Facciamo un passo indietro, e torniamo ai tempi dell’università. O meglio, di quelli che sarebbero dovuti essere i tempi dell’università. Dal tuo profilo LinkedIn infatti non vi è segno di esperienze accademiche tradizionali – bensì un diploma da geometra e subito dopo una stimolante carriera da imprenditore. Cosa ti ha spinto a non imbarcarti nell’esperienza universitaria e quanto è stata invece importante per la tua carriera la formazione sul campo?
“Da Geometra ad imprenditore il passo non è stato per nulla breve, soprattutto perché di mezzo ci sono state tante evoluzioni. Non mi dilungo. Proprio in questi giorni sto ultimando il mio secondo libro, dove ho dato grande spazio alla mia storia. Spesse volte rileggendo le bozze mi dico, cavolo ne ho fatte di cose. La mia prima attività l’ho aperta a 21 anni circa con un mio carissimo amico. Uno studio associato di geometri appunto. Quel mondo mi andava stretto. Ho capito che non faceva al caso mio. Facevo soldi ma non ero felice. Poi dopo un paio di anni ho aperto una società che si occupava di disegni 2D e 3D. Quello è stato il passo che mi ha permesso di rivoluzionare totalmente la mia vita. Contemporaneamente, per la felicità della mia fidanzata, ho fatto un corso di industrial design di 2 anni, 5 sere alla settimana dalle 19 alle 23. Grazie a questo corso ho imparato a vedere il mondo da un altro punto di vista ed ho avuto il primo approccio concreto al marketing. Una delle lezioni era tenuta da una giovane insegnante di marketing brava e bella. Ricordo, come se fosse oggi, un aneddoto che ha raccontato durante una lezione. In un ufficio si teneva una riunione dello staff marketing di un’azienda di dentifricio che aveva la necessità di aumentare le vendite. Facevano mille ipotesi ma non riuscivano a trovare l’idea vincente. Poi la signora delle pulizie, che involontariamente stava ascoltando la riunione, disse ‘se volete vendere più dentifricio, fate il buco del tubetto più grande’. Non so quanto questa storia fosse vera, oppure una semplice trovata markettara. Mi ha profondamente colpito. Ci ho ragionato per giorni e giorni ed ho capito che il marketing può essere etico oppure no. Puoi trovare idee pazzesche per ‘fregare’ il consumatore e fargli comprare quello che vuoi. All’epoca ho deciso che avrei perseguito un marketing etico, non sapevo ancora come, ma avevo deciso per quella strada. Il passo successivo è stata l’animazione 3D. Ho creato una delle primissime società in Italia a fare formazione in ambito games, effetti speciali ed animazione 3D. Abbiamo lavorato direttamente ed indirettamente per RAI, Mediaset, Microsoft, Pirelli, Alfa Romeo, Mercedes, Costa Crociere, Sundek e tantissime società a livello nazionale.
Università si o no?
A dire la verità avrei voluto iscrivermi ad una facoltà. Dopo il diploma avevo scelto architettura, ma la mia famiglia non poteva permettersi quella spesa. A 25 anni avrei voluto iscrivermi ad Economia e Commercio indirizzo Marketing. Come hai ben notato dal mio curriculum è rimasto solo un pensiero. Non credo esista una vera regola. Se fai l’università e la fai con la testa, credo che sia un percorso prezioso e fondamentale. Fornisce basi e teorie veramente importanti e strategiche. Se vuoi vincere, se vuoi eccellere, credo che l’elemento più importante sia andare oltre la teoria. Che tipo di problematiche ed esempi vengono analizzati durante i corsi? Per rispondere a questa domanda, devo fare una piccola divagazione ma è fondamentale.
Credo che questo sia l’aspetto più importante. Il tessuto imprenditoriale italiano è fatto di micro imprese. Può sembrare assurdo, ma manca la cultura imprenditoriale. Nella maggior parte dei casi le aziende sono state ereditate dal padre. In altri casi parliamo di attività avviate negli anni del boom, dove fare business era facile. L’economia era in crescita. Era sufficiente mettere i prodotti sullo scaffale e fare un minimo di pubblicità. Bingo. Pochi ad esempio erano pronti ad affrontare la recessione. Non perché il mercato e la liquidità sono calati, ma perché non c’era cultura imprenditoriale e manageriale. È sufficiente chiedere ad un imprenditore ‘com’è posizionata la sua azienda?’. Probabilmente ti risponde fornendoti l’indirizzo. Non sa che cosa sia il posizionamento. Non voglio criticare, ma è la realtà dei fatti. Ho incontrato centinaia di imprenditori a capo di aziende piccole, medie e grandi. Non è un problema di dimensione aziendale ma di cultura imprenditoriale. Mi sono sentito dire decine di volte ‘Cremonesi abbiamo sempre fatto così, perché dovremmo cambiare?’ Questo vuol dire non guardare al futuro, essere lontani dalla realtà. È arrivato il web ed una buona parte di queste aziende hanno chiuso. So di aver divagato, ma dovevo necessariamente prenderla molto larga per rispondere alla domanda. Quando prima parlavo di quali sono le tematiche affrontate durante i corsi universitari, parlavo proprio di questo. Mi sono confrontato diverse volte con laureandi in Economia Commercio e Marketing. I casi che mi descrivevano erano, generalmente, teorici. E quelli non teorici avevano come soggetto, grandi aziende con grandi budget. La realtà dei fatti è che, spesse volte, ti trovi ad aiutare imprenditori che devono rilanciare la propria azienda ed hanno già ipotecato la casa. Tu per loro rappresenti l’ultima spiaggia. Purtroppo questo aspetto, molto reale e concreto, non viene analizzato a scuola. Lo trovi nella vita reale. La strada mi ha insegnato a guardare alla realtà. A lasciare stare la teoria. Molte volte a non guardare i numeri ma a farsi portare dal cuore. Aiutare un imprenditore anche quando non ne aveva le possibilità economiche. Queste cose non le insegnano nei libri. Le impari con una stretta di mano e guardando dritto negli occhi una persona che si fida ed ha bisogno di te”.
Da un lato Factory Communication, dall’altro Idee e Soluzioni. Entrambe sono aziende di comunicazione, basate a Milano, e che hai fondato tu in prima persona. Entriamo nello specifico allora delle loro caratteristiche, e di ciò che le distingue. Di cosa si occupano nel dettaglio e, soprattutto, come riesci a gestire due aziende di questo calibro in contemporanea?
“È nata prima Idee e Soluzioni. Circa 15 anni fa. Se vuoi vedere quanti anni ha una pianta, conti i suoi anelli. Nel nostro caso era sufficiente guardare l’albero di navigazione del nostro sito. Il sito di Idee e Soluzioni esprimeva la mia crescita personale. 3D, poi video, poi advertising, motion graphics, web, marketing, comunicazione ed infine social media. Chiaramente non sono specializzato in tutte queste aree, anzi. Il trucco è avere colleghi più bravi di te. E così ho fatto. Sostanzialmente mi occupo esclusivamente di strategia. Sono un eterno curioso, un bambino che vuole sempre imparare. Quindi non ho mai smesso di studiare ed applicare quanto appreso sul campo. Ogni cosa che ho imparato, prima di tutto l’ho sperimentata sulla mia pelle (ho perso un botto di soldi) e poi se funzionava la portavo sui clienti. Ad un certo punto il sito di Idee e Soluzioni esprimeva così tante professionalità che i clienti ci chiedevano se in agenzia eravamo in 50. Non è così, al massimo, siamo arrivati ad un organico di una decina di persone. L’evoluzione è avvenuta grazie alla focalizzazione. Da alcuni anni mi occupo di Focalizzazione. La potrei definire ‘la strategia che salva le aziende’. Purtroppo la conoscono in pochi e sono ancora meno gli imprenditori che la utilizzano. Per vincere sul mercato ti devi focalizzare. Idee e Soluzioni era esattamente il contrario. Ho quindi dato vita a Factory Communication che si occupa esclusivamente di strategia in ambito Marketing, Comunicazione e Social Media. Abbiamo rivisto in modo strategico la comunicazione di Idee e Soluzioni. Oggi si occupa esclusivamente di Advertising e Web Design. A fine agosto verrà pubblicato il nuovo sito internet dal quale avremo rimosso anche tutta la sezione 3D. Dal punto di vista lavorativo seguo Factory Communication. Dal punto di vista imprenditoriale, chiaramente, gestisco entrambe le aziende. Come detto prima, è sufficiente avere i giusti collaboratori”.
Il nostro punto di contatto nasce da un tuo recente articolo su LinkedIn legato alla strategia di posizionamento di Volkswagen ID. Da lì ne è uscito anche un altro, recentissimo, sulla strategia di customer experience di Autogrill. Quando hai deciso di avviare questo filone di questi articoli di analisi e, in generale, che importanza attribuisci a LinkedIn nella tua strategia di personal branding?
“Linkedin rappresenta il mondo del lavoro. Se vuoi parlare agli imprenditori devi essere su Linkedin. Un carissimo amico un giorno mi ha detto “Sii Brand di te stesso’. Essere brand di se stessi vuol dire mettersi in prima persona. Vuol dire essere disposti ad accettare le critiche ma anche ad essere ignorati. Quando ho scritto i due articoli a cui fai riferimento, mi sono detto. Come posso fare la differenza? Come posso essere utile agli altri? Non volevo dare lezioni di strategia, ma semplicemente condividere il mio pensiero con la speranza che, almeno una di quelle nozioni, potesse essere di aiuto ad un lettore. Ogni articolo che scrivo su Linkedin, come sul Blog di Factory Communication, richiede sforzo, tempo ed energia. Quello che ne ricavo, prima di tutto, è a livello personale. Scrivere mi aiuta a riflettere. A capire. A mettere in discussione prima di tutto me stesso. Successivamente, pubblicare gli articoli online mi consente di entrare in contatto con altre persone. Leggere i loro commenti e critiche. È un arricchimento costante. Il nostro contatto ne è un bellissimo esempio.
Chiaramente questa attività di content marketing genera ulteriori due aspetti importanti.
● Da un lato visibilità: web reputation, engagement, visibilità e possibili clienti.
● Dall’altro ti permette di entrare in contatto con persone fantasticamente brave. Contatti che possono diventare collaboratori, partner, perché no anche soci”.
In uno dei tuoi articoli su LinkedIn parli della riflessione avviata da Vittorino Andreoli in un suo libro circa l’importanza di capire “che tipo di imprenditori siamo”. Viviamo in un’epoca delicata, in un cui l’imprenditoria digitale viene messa sul piedistallo e orde di startupper tentano questa strada pur non avendo le carte – guidati più dall’ego che non dalla ragione. Che giudizio hai dei giovani startupper e come si contrappongono, secondo te, agli imprenditori di una volta?
“Grazie mille per questa domanda. La risposta non è sicuramente semplice, ma ci provo. Quella che stiamo affrontando è sicuramente una nuova rivoluzione. A mio avviso molto più profonda e devastante della rivoluzione industriale. Quanto meno per quanto riguarda le modalità. La rivoluzione industriale ha impattato pesantemente sulla comunità, ma si è realizzata in diversi anni per non dire decenni. Quello che stiamo vivendo oggi è un cambio drastico, subito dalle persone e soprattutto dagli imprenditori, in pochissimo tempo. Ha colto impreparati quasi tutti. Parliamo di Start up. È stato colto da molti come una grande opportunità. Giustissimo. Ma torniamo ai fondamentali. Per lanciare un’impresa è indispensabile avere vision e cultura imprenditoriale. I capitali sono importanti ma senza i primi due elementi non si va da nessuna parte. Ad oggi le statistiche dicono che oltre il 90% delle start up falliscono. Perché? Oltre a quanto sopra riportato, un altro elemento fondamentale è costituito dal posizionamento. Nell’ultimo anno diversi imprenditori e startupper hanno contatto Factory Communication per capire come lanciare la loro nuova azienda sul mercato. Come sempre il primo passaggio, per capire se puoi aiutare un imprenditore, passa dall’ascolto.
Ho fatto loro diverse domande, qui ti riporto quelle principali:
● A chi vuoi vendere il tuo prodotto o servizio?
● Hai individuato in modo preciso il tuo target?
● Qual’è il tuo mercato di riferimento?
● Hai fatto un’analisi del mercato?
● Hai individuato i tuoi competitors?
● Come sono posizionati i tuoi competitors sul mercato?
● Come sono posizionati i loro prodotti o servizi?
● Quali strategie Marketing, Comunicazione e commerciale adottano?
● Come è strutturata l’offerta commerciale e qual è la strategia di prezzo?
● Come puoi fare la differenza?
● Perché una persona dovrebbe scegliere il tuo prodotto o servizio?
● In che cosa si differenzia dalla concorrenza?
Le risposte che ho ottenuto dimostrano come, purtroppo, si parte con un’idea, con una start up, senza sapere se il mercato è potenzialmente interessato al tuo prodotto o servizio. Ti assicuro che non è solo un problema di start up è un problema generalizzato. Persone che utilizzano la liquidazione per aprire negozi senza sapere dove, come e perché. Semplicemente perché desideravano da tanto tempo un negozio di vestiti, un bar, un negozio di animali. Imprenditori che creano nuove aziende e prodotti, perché credono di avere un’idea geniale. Cribbio direbbe Silvio, magari è veramente geniale. Magari sei un precursore del tempo. Ma, magari, non hai mercato. Se non fai un’accurata analisi, stai costruendo una grande e bellissima nave, che non lascerà mai il porto. Così vuol dire farsi del male”.