E-sports. Un successo evolutivo

– Dalla rubrica di Luca Prioreschi e Federico Impavidi, “Tell Before Sell” –

Se c’è una cosa che negli ultimi 7 milioni di anni dovremmo aver imparato, è che l’evoluzione vince sempre. E a meno che non stiate camminando su quattro appoggi o abbiate spontaneamente rinunciato al vostro pollice opponibile, ciò riguarda anche voi.

Questo principio universale che organizza la storia, vale ovviamente anche nel nostro spazio digitale, il quale altro non è che un prodotto di questo stesso principio: evolviti o estinguiti. Quante volte lo abbiamo spiegato a un cliente, al capo dalle idee antiquate, ai nostri alunni, a quell’azienda che “Facebook non serve”.

E quando cerchi di restare la scimmia più evoluta, devi sempre buttare l’occhio a quella più in alto di te sul ramo. Per un po’ abbiamo visto l’homo influencer arrampicarsi meglio di tutti gli altri: fanbase enormi, sponsorizzazioni, serate, prodotti omaggio. Ma i cambiamenti, al tempo della rete, non si misurano più in migliaia di anni; quello che sembrava un paradigma solido e che addirittura tutti potevano replicare servendosi di automazioni, inizia ben presto a mostrare le sue debolezze nei confronti dell’ambiente cibernetico.

In cima alla piramide non c’è spazio per tutti.

Emerge sotto i nostri occhi una nuova specie, che improvvisamente fa sembrare obsoleto il modo in cui ci comportavamo fino a ieri. È quello che gli e-sports stanno facendo con il mondo della comunicazione grazie ai content creators.

I creatori di contenuto, e nello specifico i gamer-streamer, stanno scalando a tempo di record i modelli, le abitudini, le logiche. Se anni fa ci avessero detto che milioni di persone avrebbero pagato qualcuno per vederlo giocare ore ed ore, ci avremmo creduto? E allora, quali sono i fattori che li spingono in alto nella catena alimentare del mondo online?

Linguaggio.

Harari in “Sapiens” spiega che l’uomo è l’animale dominante sul pianeta terra non certo perché più forte, più veloce, più resistente, ecc. Ma per la sua ineguagliabile capacità di comunicare e quindi organizzarsi coi suoi simili.

I gamer parlano meglio con i loro pubblico perché condividono una lingua tecnica di gioco assolutamente incomprensibile per chi è fuori, non ci credete? Hitmarker, headshot, ressare, pushare, pingare. Avete capito? Beh, allora giocate a Call of Duty senza dubbio!

Veridicità.

Letteralmente, dicono il vero. Più di ogni altra categoria, essi stessi sono un prodotto della community, sono lo specchio esatto di ciò che ogni gamer vorrebbe essere. Non hanno bisogno di fingere, sono diretti, veri: sbraitano per gli stessi motivi per i quali sbraitano gli utenti. Non solo: niente di ciò che li riguarda può essere artefatto! Mediamente hanno successo in 2 casi: sono giocatori eccelsi, cosa che non si può fingere, oppure sono straordinari intrattenitori, cosa che ancor meno si può fingere. Non basta farsi un selfie davanti alla console per essere uno streamer.

Contesto.

YouTube e ovviamente Twitch (dal 2014 di proprietà Amazon). La piattaforma di Bezos è cucita per questo specifico comportamento di consumo. Canali, Subscriptions a pagamento, chat personalizzate. Hai Amazon Prime? Eccoti un abbonamento gratuito del valore di 5€ per un canale a tua scelta. Il 12% degli italiani dichiara di guardare abitualmente contenuti su Twitch, vi sembra poco? Forse, ma non dimentichiamo che siamo agli albori di questa rivoluzione, ben più compiuta nei paesi anglosassoni e che, soprattutto, le community Twitch sono molto più coese e ottimizzate, proprio per le caratteristiche della piattaforma.

L’italiano più seguito è per distacco Pow3r, con più di 1 milione di iscritti sia sul suo canale Twitch che sul canale Youtube.

Se state leggendo quest’articolo, probabilmente masticate almeno un po’ di marketing. Il passo è breve. Abbiamo dei creators che dominano nicchie iper coese per valori e comunicazione: il banchetto per i contratti degli sponsor è servito. RedBull, McDonald’s, Sephora e via discorrendo.

Gli e-sports stanno seguendo in tutto e per tutto la traccia degli sport tradizionali: commentatori specializzati, tornei in tutto il mondo, agenti, procuratori, team.

L’ascesa è inarrestabile: solamente nel 2019 l’audience giornaliera in Italia ha toccato quota 350mila spettatori registrando un +35%, la fanbase ha registrato +20% arrivando a 1,2 milioni. Nel 2014 gli e-sports hanno generato ricavi in Italia per 700 mila euro, nel 2018 per 5 milioni, nel 2019 per 9 milioni. Per il 2023 la stima è 40 milioni. Non sono tanti i settori che crescono a questo ritmo!

Lo scopo di questo articolo è di quello di segnalarvi questo mondo in ascesa. Un mondo che sembra attrezzato più di altri per vincere nella rete. A qualcuno può interessare, ad altri meno. Certo è che la content creation raggiunge uno step superiore con gli streamer e per chi pensa che prima di vendere bisogna saper parlare, raccontare e comunicare, non può non essere affascinante considerarne il potenziale.

Due settimane fa abbiamo avuto la prima richiesta di gestione della comunicazione di un team di e-sports: ecco che l’evoluzione bussa alla porta, farsi trovare impreparati al suo appello è pericoloso… chiedere all’homo erectus per conferma.

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