Stefano Silvestre, simbolo del giornalismo d’impresa in Italia
Dalla scuola di giornalismo all’agenzia di comunicazione, intervistiamo il giornalista che ha reinventato la propria professione nel settore aeronautico
Il giornalismo è in crisi, i bilanci piangono, le redazioni chiudono. Il mondo dell’informazione è stato travolto dal digitale e in particolare dai social media. Soprattutto tra i più giovani, Facebook e Twitter hanno normalizzato l’idea per cui una notizia sia l’equivalente di una particella d’aria: c’è, esiste a prescindere e dunque non merita di essere pagata.
Di fronte a questo muro culturale, i giornalisti si dividono in due categorie. I primi difendono lo status quo, sostengono che il mondo sia ingiusto e attendono che tutto torni come ai vecchi tempi. I secondi abbracciano la realtà delle cose, ridisegnano i propri destini e adattano competenze tradizionali alle nuove piattaforme.
Stefano Silvestre è il simbolo di questo darwinismo giornalistico. Diplomato alla Scuola di Giornalismo della LUISS Guido Carli, e dopo un’esperienza da redattore per Il Tempo, Stefano decide di “pivotare”- come si ama dire nell’ambito delle startup. Aggiusta il tiro della propria carriera e abbraccia un contesto professionale che avrebbe valorizzato al meglio il proprio talento: un’agenzia di comunicazione.
L’agenzia si chiama Gnoti Lab ed è gestita, rullo di tamburi, proprio da un altro giornalista professionista, Nicola Zamperini, imprenditore visionario e consulente di comunicazione digitale per aziende e istituzioni sempre al passo coi tempi. L’esperienza di Nicola e il genio di Stefano creano una sinergia vincente che rende l’agenzia il punto di riferimento in Italia nel brand journalism.
Clienti del calibro di Sorgenia abbracciano questo formato, che non sostituisce ma evolve il tradizionale ufficio stampa, e Gnoti Lab crea un vero e proprio modello di comunicazione che merita oggi di essere insegnato in tutte le scuole di Giornalismo, nonché nei corsi di Comunicazione e Marketing.
Per questo, Stefano Silvestre, è uno dei docenti della Digital Combat Academy. Vi offriamo con orgoglio le sue parole e i suoi pensieri, frutto di un’esperienza lavorativa concreta e di successo. L’unica che i libri non potranno mai trasmettere.
1) All’Università ci hanno insegnato che giornalismo e comunicazione sono rette parallele che non si incontrano mai. Ma il mondo del lavoro è evoluto e sono emerse figure ibride come il giornalista d’impresa. Ci racconti come hai abbracciato questa professione?
“Direi che è lei che ha abbracciato me. Finiti gli studi e gli stage ho iniziato a lavorare per un giornale online a tema industria aeronautica. Un paio di anni dopo, nel 2013, sono entrato a Gnoti Lab, che è l’azienda per cui lavoro oggi. L’esperienza con gli aerei è stata utile per inquadrare il bisogno di qualità dell’informazione da parte di quell’industria, che è una delle principali al mondo. A Gnoti Lab ho potuto espandere quell’esperienza e canalizzarla anche in altri settori. Quello aeronautico ha cambiato forma ma è rimasto, con Helipress.
Quello che ho imparato è che si parli di elicotteri, sanità o settore primario, le regole dell’informazione valgono in ogni caso. Basta capire che le rette parallele giornalismo/comunicazione si incontrano ogni giorno in qualsiasi ambiente abbia un giro d’affari di alto profilo, in cui ci sia almeno un pubblico e una clientela. Sono centinaia di mercati, tutti con bisogno di visibilità, di qualità del messaggio di informazione e di controinformazione che l’ufficio stampa da solo non può più garantire. L’evoluzione consiste nell’utilizzo di linguaggi, modalità di storytelling, stile e impiego delle fonti che prima di internet non appartenevano alla classica pubblicità. Il giornalista è oggi parte di un team basilare per costruire e comunicare l’immagine di un brand”.
2) Il giornalista d’impresa sembra avere un’intelligenza flessibile e fuori dal comune. Deve seguire le strategie di un’agenzia di comunicazione, abbracciare nuovi clienti e farsi una cultura in settori sempre diversi. Questa dote si sviluppa o è innata?
“Si sviluppa ed è una prerogativa di qualsiasi settore del giornalismo, non solo dell’impresa. Pochi iniziano uno stage in una redazione di un quotidiano (pochi in generale) e molti di meno si ritrovano ancora lì a cinque anni di distanza, prima o poi si potrebbe quindi essere costretti a cambiare e rifare tutto da zero. Imparare come funziona un’industria e entrarci in contatto con lo scopo di comunicare e aumentare il valore del brand, non è più complicato dal dover costruire relazioni di fiducia e offrire informazioni affidabili ai lettori in uno dei settori di riferimento canonici dell’informazione dei quotidiani”.
3) A tal proposito il tuo profilo LinkedIn recita: “Editor in Chief at Helipress”. Spiegaci le difficoltà – ma anche gli aspetti positivi – di raccontare le sfumature di un’industria tecnica e complessa come quella elicotteristica.
“La difficoltà sta nell’interpretare e seguire l’evoluzione dei i valori notizia di un settore di nicchia e altamente specializzato, in questo caso gli elicotteri. Di solito la notizia che non interessa a tutto il mondo è invece il titolo d’apertura per i mercati che si muovono in base a logiche anticicliche. Un esempio è il petrolio: l’abbassamento dei prezzi al barile è senza dubbio una buona notizia per milioni di persone, vuol dire meno soldi da spendere al distributore. Per l’industria delle estrazioni offshore e degli elicotteri è invece un colpo che mette a rischio aziende che muovono miliardi di dollari l’anno e mette a rischio pure l’indotto, che vale altrettanto se non di più. È una realtà parallela dell’informazione di cui bisogna tenere conto, in qualsiasi settore. L’aspetto positivo è che per le stesse logiche, quando un mercato è poco presidiato e protetto dalla stampa mainstream, si può ancora fare informazione di qualità, inventare e fare ricerca”.
4) Facciamo un salto nel passato. Cosa ti ha lasciato la scuola di giornalismo?
“La consapevolezza di quanto sia importante aggiornarsi dal punto di vista tecnico, tecnologico, umano e regolamentare. Il giornalismo ha dei limiti e dei doveri, per fortuna restano gli stessi in qualsiasi settore si applichi la sua tecnica”.
5) Ora invece giochiamo col futuro e cerchiamo di capire dove pensi stia andando il settore del giornalismo. Vedi una luce in fondo al tunnel per l’informazione pura?
“L’informazione pura si trova già nel futuro, ma ci mette più tempo del previsto a decidersi a cambiare. I giornali hanno visto Facebook arrivare da lontano, però sono ancora impegnati a capire come restare autorevoli in una nuova enorme industria dell’informazione in cui le regole sono cambiate. Non esistono pronostici, perché il modo di informarsi è già cambiato. Come per ogni cambiamento epocale, resterà in piedi chi sarà riuscito ad adeguarsi in tempo reale all’evoluzione e continuerà a produrre contenuti di qualità e, soprattutto, in linea con il tone of voice e le modalità di fruizione del pubblico di riferimento”.
6) Domanda di rito per concludere. Tre consigli in linea coi tempi per chi sta studiando giornalismo e vuole prendere il meglio dal proprio futuro?
“Il primo consiglio è non perdere di vista le proprie passioni. Ritagliarsi una nicchia è fondamentale per risultare essenziali in un team di lavoro, sia una redazione o un’agenzia.
Il secondo è cercare di entrare immediatamente nell’ottica di un mestiere in cui le relazioni interpersonali hanno un peso ancora importante se si vogliono offrire contenuti esclusivi di qualità. Non basta fare mezza telefonata, scrivere un pezzo online, capire un po’ di SEO e saper programmare una foto su Facebook se poi quello che si ha da offrire al pubblico è stato già visto o letto da qualche altra parte.
Il terzo consiglio è continuare ad aggiornarsi su strumenti e modalità di comunicazione. Restare al passo con la qualità dell’offerta dei propri competitor è il primo passo per inventare qualcosa di realmente nuovo e fruibile”.