David Colangeli, alla Ricerca del ‘Pugno Mistico” nel Marketing Digitale
Lo hanno definito influencer, opinion leader, altre parolacce in inglese, farabutto e genio. Per questo lo abbiamo arruolato come Docente dal giorno zero
A chi ha preso parte alla Prima Repubblica Digitale di Roma, quella tra il 2008 e il 2014, il nome di David Colangeli dovrebbe comunicare qualcosa. In arte Bicchiere Mezzo Pieno, David ha fatto dello storytelling la sua arma fedele per la comunicazione di massa. Cinematografia, produzione musicale, marketing digitale.
David ha usato Internet, e in particolare Facebook, per mantenere alta l’attenzione delle persone intorno alla sua vita. Merito di una fine e costante narrazione del quotidiano, che ha alimentato il suo brand personale come brillante umanista, istrionico cantante e, oggi, abile interprete del marketing digitale.
Ovunque abbia deciso di scendere in campo, ha infatti saputo piegare la sua intelligenza creativa e adattarla al contesto. David Colangeli è fondamentalmente un genio. Quel tipo di genio che nel 1949 avrebbe suggerito alla Camel di piazzare un medico nelle pubblicità televisive per le sigarette, perché il camice avrebbe rassicurato i consumatori. Quel tipo di genio che prende il meglio dal DAMS e al momento giusto sposa in pieno l’approccio analitico del Growth Hacking, perché i dati rassicurano i clienti.
Una scuola visionaria è una scuola che si circonda di persone visionarie. David è tra queste, e arruolarlo come Docente rappresentava per noi della Digital Combat Academy un passo fondamentale per l’evoluzione della scuola. Vi lasciamo alle sue parole, e alla sua visione del mondo. Lieti che, presto, 16 di voi, potranno scoprirla dal vivo in classe.
Scienze della Comunicazione, Lettere, DAMS. Tutte Facoltà universitarie unite da un comun denominatore: la pessima reputazione di aiutare gli studenti a connettersi con il mondo del lavoro. Col senno di poi, e guardandoti indietro, cosa senti di aver importato nella tua carriera professionale rispetto al tuo percorso accademico?
“DAMS e Scienze della Comunicazione sono degli acceleratori mentali, ti danno le basi (se sei pronto a prenderle e collegarle), ma poi devi sapere cosa farci.
“L’ho sempre vista in questo modo: le competenze, come una conoscenza dell’estetica o della sociologia, sono necessarie come base per poter attivare collegamenti distanti e sintetizzare strategie (nell’Arte c’è molta strategia, diffidate sempre da chi dice che ‘fa solo quello che si sente’). Quando ero al DAMS capii ben presto che di ‘artisti’ ce ne sono troppi, e pochi sanno organizzare con raziocinio la propria capacità di comunicare quindi scelsi di passare ‘al lato oscuro’ ovvero Gestione della Produzione Cinematografica e Televisiva.
La mia abilità di scrittura creativa, di gusto per l’estetica, la nozionistica e il saper suscitare emozioni nella gente si unisce alla competenza gestionale. Anni dopo, nella comunicazione e nel marketing digitale ho trovato la massima espressione di quello che volevo diventare”.
Parliamo di personal branding. Già ai tempi dell’Università, Roma ti ha conosciuto come Bicchiere Mezzo Pieno. Cosa rappresentava questo nome e che tipo di community hai deciso di intessere intorno al tuo brand personale?
“Bicchiere Mezzo Pieno vive e lotta insieme a noi! Scherzi a parte, si tratta(va) del mio avatar su internet quando ancora non sapevo cosa stessi facendo. È, tra l’altro, il nome della mia band con la quale mi esibisco più o meno in tutta Italia (più meno che più, ma comunque…) e presto uscirà il nostro secondo disco (anche questo fortemente legato ad una strategia multimediale e multicanale).
Sostanzialmente, ai tempi, non sapevo ancora cosa significasse ‘posizionarsi’ o avere una community. Quando decisi di diventare David Colangeli (il vostro amichevole nerd, giornalista, influencer e digital marketing specialist di quartiere) mi misi in testa di dover scindere il piacere dal dovere. Quando lavoro sono invisibile, sono la mente che porta il cliente a raggiungere i risultati. Quando scrivo sui blogpost / webzine seguo la deontologia dell’Ordine dei Giornalisti. Quando sono su un palco sono un performer, un comico.
Proprio su Facebook sono riuscito a posizionarmi in tutti questi settori: sono la prima persona che viene in mente a un sacco di persone quando si parla di queste professioni. Spesso mi contattano per consulenze proprio perché mi conoscono grazie a questo piccolo trucco: sono bravo con me stesso, figurarsi coi clienti. In poco più di tre anni sono passato da lavorare come commesso ad insegnare all’Università. Dove finisce la fortuna, la raccomandazione ed il talento, iniziano la strategia e la competenza.
Sul mio profilo Facebook cerco di mediare tutte queste persone e targhettizzo mentalmente il pubblico ogni volta che faccio un post, anche personale. Per chi scrivo, per chi sto parlando. C’è chi la chiama schizofrenia, chi strategia”.
Acquisire competenze è tanto importante quanto creare le condizioni affinché tali competenze vengano acquisite. Qual è l’esperienza di lavoro dalla quale hai imparato di più e come ci sei arrivato?
“Ce ne sono state due in particolare: la prima è stata perdere la mia ‘verginità’ con un’agenzia. Mi chiamò Federico Simonetti (che mi seguiva su Facebook per via di una serie di cortocircuiti della musica indie italiana) per lavorare assieme alla You & Web di Gianluca Comandini. Fu come fare il servizio militare. Come la scuola del Prof. Xavier.
Mi hanno insegnato tutto (da come si fa un preventivo a come si fa una slide). In breve tempo grazie a loro ho toccato con mano cose (e modi di pensare) che fino a un anno prima non sapevo nemmeno esistessero. Il secondo è stato iniziare con Men in Web la formazione nei corsi patrocinati dalla Regione Lazio. Quando mi dissero per la prima volta: ‘Ehi David, sai c’è un corso di Digital Marketing molto bello che facciamo noi…’ io gli risposi ‘Oh fico, quanto costa? Come mi iscrivo?’… pensate quando scoprii che in realtà le lezioni dovevo tenerle io.
La formazione è fondamentale. Spesso non mi reputo nemmeno un docente, ma uno che sta rivelando i piccoli passi che lo hanno portato in poco tempo a fare della passione di comunicare su internet un lavoro. Le domande dei ragazzi ti mettono spesso davanti a ‘quanto effettivamente ne sai’, è uno stimolo ulteriore (lo avete notato, voi che lavorate nel marketing digitale, che da quando ci siamo laureati non abbiamo mai smesso un giorno di studiare?) e bellissimo: spesso quando mi affidano una commessa grande, pesco dai corsi che faccio i miei Minions. Conviene a me per primo formarli bene…. molte delle mie lezioni, tra l’altro, sono state prese ‘d’esempio’ su noti portali di settore in articoli firmati da ex miei alunni. Io so che loro sanno. A me basta anche questo, per capire che hanno imparato qualcosa.
Il tuo profilo LinkedIn presenta come ultima voce l’esperienza pluriennale in Growth Hound. Che importanza dai al Growth Hacking nel modo in cui approcci i nuovi progetti di comunicazione e che rapporto hai con Luca Barboni?
“Luca è prima di tutto un amico. Poi un maestro. È come il mio Obi-wan, il mio mentor e compagno di cene al sushi. Quando se ne uscì con questa storia del Growth hacking sembrava come quando al tuo migliore amico viene la fissa per qualche setta new age. Invece, vi posso giurare, non è niente altro che un modo di pensare. Amo ripetere: ‘pensavo fosse growth hacking, invece era buon senso’. Si tratta semplicemente di applicare un metodo scientifico, una reportistica sperimentale, implementare le ottimizzazioni su un progetto (piccolo o grande). È lui che, sotto il simbolo di Growth Hound, ci indirizza e ci passa i lavori, ci aiuta a capire come svoltare le criticità di un progetto.
Il Growth hacker è quella figura trasversale che risolve problemi che non pensavi di avere in modi che non riesci a capire. È, banalmente, il Mr. Wolf di un’azienda. Il fatto che sia nata con una forte connotazione digitale non è che un caso, almeno per me. W. Edwards Deming ha detto una volta: ‘senza un dato, sei soltanto un altro tizio con un’opinione’. Ma vale anche per se stessi: come stai gestendo te come azienda? Le KPI che hai deciso per l’anno? Stai ottimizzando? Stai sperimentando? E come sta andando? Fai sempre gli stessi errori? Si, forse assomiglia molto a una setta new age.
AARRR. Ebbene no, non è la figura onomatopeica usata per indicare il verso di un cane arrabbiato. È il modello per il marketing delle startup prodotto da Dave McClure. Fai il vero docente e spiegalo in termini comprensibili per chiunque.
“Fiumi di byte sui blog di mezza comunità di markettari sono già stati spesi per spiegare questo imbuto che si può tradurre in italiano (perdonami Dave) con Acquisizione, Attivazione, Ritorno, Remunerazione e Raccomandazione (non so se altri avessero mai avuto l’ardire di tradurre il funnel dei pirati, ma ecco qua, se qualcuno cerca, sono stato io il primo).
Rappresenta e visualizza il ciclo vitale di un utente una volta che si è interessato a noi. Analizzando qualsiasi progetto facendosi queste domande (come il cliente attualmente fa si che un utente diventi cliente e poi che quest’ultimo non solo ritorni spesso ma faccia lui stesso pubblicità?) si può facilmente identificare un’eventuale criticità e risolverla. Oppure si può utilizzare questo schema per scrivere una strategia e presentarla al cliente in maniera più dettagliata, smettendo di sembrare ai suoi occhi ‘l’omino di internet’ e iniziando a essere il professionista del marketing digitale che volete essere.
Internet è sì creatività, sì viralità, ma dall’altro lato del manico ci sono i numeri. La cosa funziona? Ti ho portato un risultato? Vuoi questo risultato? Ecco il modo più veloce e pratico per arrivarci. La mia vita è cambiata: io vi assicuro che anche se può sembrare teorico, applicare queste due metodologie vi fa acquistare credibilità e rispetto agli occhi di un datore di lavoro. Vi fa avere una progettualità che neanche lui sapeva di volere. I clienti quando scrivi una strategia con il metodo AARRR si bagnano. Vedono risultati, non solo like”.
Focalizziamoci un attimo sulla tua lezione nello specifico. Rappresenterà probabilmente la lezione più pratica, in senso stretto, dato che avrai un ruolo delicatissimo. Spiegare ai nostri studenti come utilizzare infiniti Web Tools, ovvero gli strumenti per siti web, grafica e social network. Come hai pianificato di strutturarla?
“Sono felice che la mia lezione sia la più pratica. Quando lavorerete come liberi professionisti o in agenzia dovrete fare scelte molto difficili, soprattutto di organizzazione del tempo e di gestione delle risorse. Vi farò vedere i tool che uso più spesso e come riuscire a scoprire qualche funzionalità in più se usati in combo.
Quando facevo Aikido il mio sensei mi disse una frase che ancora ricordo: ‘non esiste il pugno mistico’. Dove finisce il talento e la conoscenza dell’Arte Marziale, inizia la ‘strada’. Un samurai un giorno incontrò un Aikidoka su un ponte, pretendendo di passare prima di lui. L’Aikidoka gli disse: ‘Passa pure. Se ingaggiassimo un combattimento, probabilmente qualcuno dei due morirebbe senza motivo. E quello saresti tu. Non combattendo, non solo la tua anima sarà salva… ma anche la mia’.
Dimenticate ‘trucchetti” e “hashtag magici’. Non esiste il ‘tool of the doom’ che vi svolta la vita. La lunga via del digital marketing ha un unico grande tool che vale la pena sviluppare ancora prima di smanettare con siti e app: la nostra testa, il nostro modo di vedere e progettare le cose. Attenzione, spoiler: questi, come dice il nome stesso, sono tool. Attrezzi. Puoi scegliere se piantare una vite a martellate o usare un avvitatore: il risultato sarà ‘apparentemente’ lo stesso. Con uno è più comodo e pratico, ed elegante. In questo modulo io vi farò vedere ‘i miei tool preferiti’. Se voi vi trovate bene con altri attrezzi, fate pure”.