Divario di genere: la donna, il sogno e lo sgravio fiscale
– Dalla rubrica di Federica Cortesi, “The Buzz” –
Se un tempo essere felici al lavoro non era così importante, oggi il paradigma si inverte e non si sottovaluta più l’aspetto emozionale del lavoro. Ma quali variabili pesano su tale definizione?
Panoramica sul divario di genere. Cosa è e perchè viene definito tale.
Inizialmente ho pensato ad un elenco oggettivo ed accademico di fattori, come età, stato di salute, relazioni affettive, confronti interpersonali ecc; mi sono passate per la testa innumerevoli teorie già note ,fra tutte il Paradosso della felicità di Easterlin. Secondo Easterlin il paradosso consiste nel fatto che all’aumento del reddito, e quindi il benessere economico, la felicità umana aumenta fino a un certo punto, tendendo poi a diminuire.
Successivamente ho preso in considerazione l’idea che a fare la differenza non sia il numero di fattori ma la loro qualità, la percezione degli stessi rispetto ai propri obiettivi che, a sua volta, viene connotata diversamente a seconda del fatto che il suddetto carico gravi sulle spalle maschili ovvero femminili. Quindi?
Si parla di Gender Gap.
Non è mia intenzione alimentare la già vasta letteratura sul tema, bensi riflettere ad alta voce sul quel che sono le sue naturali conseguenze. Tuttavia sono necessarie delle precisazioni sul tema.
Per definizione, Il Gender Gap, meglio conosciuto come divario di genere, è la differenza tra presente tra uomini e donne in tanti ambiti diversi, che impattano notevolmente sulla vita quotidiana, come l’educazione, il lavoro, l’economia, etc… Aprendo un focus sulla vita lavorativa, questo fenomeno prende il nome di Gender pay Gap, il divario retributivo di genere è la differenza tra il salario annuale medio percepito dalle donne e quello percepito dagli uomini. Anzi, prendeva.
Perché il 26 Ottobre 2021, è entrato in vigore il ddl sulla parità salariale e lavorativa. Questo vede le aziende superiori a 50 dipendenti responsabili della compilazione di un “certificato di parità salariale e lavorativa”, perché ammettiamolo, la condizione retributiva è molto spesso priva di correlazione con una minore preparazione o competenza.
Il nuovo ddl si regge su due assi. Quello della trasparenza, per permettere una maggiore visibilità relativamente la comparabilità dei dati, e quello delle premiazioni, per cui alla corretta certificazione si accompagnano sgravi contributivi.
Passi da gigante quindi verso il superamentodelle disparità di genere, attraverso i quali è auspicabile l’aumento dell’occupazione femminile e perché no, la condivisione delle responsabilità, che siano sul lavoro e/o in casa. In ottica di cambiamento e di sviluppo si vuole augurare cosi il passaggio da un modello stantio, in cui l’importante era entrare in un percorso di carriera, al netto del fatto che ci piacesse o meno il nostro lavoro ad uno più fresco, forte di soddisfazioni emozionali.
Che rumore fa la felicità
Sveglia presto, ritmi incalzanti, attività che si susseguono, obiettivi che si raggiungono, traguardi …. e poi? E poi c’è anche la busta paga. La nostra. E in azienda? Il bilancio.
Davvero si riduce tutto a questo? Veramente non ci rimane che calcolare il ritorno, il guadagno, il profitto nostro e/o delle aziende?
Nonostante il respiro di sollievo, in una visione (romantica se volete) mi piace pensare che questo “riavvicinamento” tra le parti porti ad un futuro frutto più ricco, dove considerare centrale la persona e la sua felicità come condizione necessaria per vivere al meglio la vita lavorativa e
più felici, più soddisfatti, più entusiasti di venire al lavoro, più appagati di stare in un contesto che valorizza tutti allo stesso modo.
Questo archetipo potrebbe vedere nuova luce se trasformato in termini di multipiano. Volendo usare una metafora, in termini elettrotecnici, bisognerebbe indurre gli elettroni a muoversi al fine di annullare la tensione e ristabilire l’equilibrio (in questo caso lavoro e vita privata).
Non solo, è necessario lavorare soprattutto in termini di mindset, in azienda e in famiglia. Tutto questo è indispensabile perché coinvolgendo in egual misura le parti, si incentiva la partecipazione e il maggior contributo di tutti per risultati migliori, in termini di business ma in maggior misura in termini personali.
Su questo fronte, lodevole è la costante dedizione di diverse imprese che si stanno attivando per incrementare il riconoscimento e la presenza femminile nell’organico.
In particolare quello di Huawei, multinazionale ICT che, attraverso molteplici attività si preoccupa di colmare questo divario, promuovendo e diffondendo una nuova cultura digitale. Ne è un valido esempio l’iniziativa Seeds for the Future, che prevede una quota del 30% dei posti di lavoro dedicati al genere femminile.
Possibili soluzioni
In virtù di ciò, potremmo asserire che il divario tra uomo e donna, se gestito con consapevolezza e costanza, potrebbe evitare ripercussioni in molteplici ambiti, nel lungo e nel breve termine.
Per agevolare la riduzione di questo importante delta diverse sono le possibili soluzioni.
- In primis, investire sulla formazione affinchè il perimetro di studio possa abbracciare ed aprirsi a nuove vesti, abbandonando le vecchie canoniche categorizzazioni.
- In secundis, introdurre una politica di Welfare che riconosca l’importanza e l’equilibrio tra i ruoli e alleggerire il carico sulle famiglie.
- Ancora, il riconoscimento dei congedi per entrambe le figure genitoriali, non solo figurativamente.
- Infine, l’applicazione di norme contro le discriminazioni anche in fase di recruiting, non vincolando una determinata posizione (manageriale e/o non) ad uno specifico genere.