Giovanni Sommavilla, Studente della Digital Combat Academy a Milano
Giovanni Sommavilla è tra gli Studenti iscritti al nostro nuovo Corso a Milano di marketing digitale in partenza per ottobre 2022. Sotto la sua intervista.
Il nome, le origini e la narrazione di questa scuola evidentemente rimandano all’idea dello sport come metafora per fare bene nel lavoro. Combattiamo nel ring, combattiamo nella carriera. Poi c’è il basket, il tuo sport. E la domanda sorge spontanea: che risultati hai conseguito da cestista e quali lezioni ti sei riportato a casa dal campo per lo sviluppo della carriera?
“Quando a volte (ri)penso a me stesso mi scappa sempre la definizione del “Quasi”.
Sono uscito dalle scuole superiori con “quasi” il massimo dei voti (96).
Sono uscito dall’università con “quasi” il massimo risultato (107).
A 27 anni sono “quasi” entrato nel team della straordinaria Webranking, web agency che ho ammirato da quando ho iniziato a muovere i primi passi nel mondo digital.
E il basket non fa eccezione.
Ho giocato due finali e “quasi” vinto due campionati nazionali under 18 e under 19, 3° posto in entrambe. (alcuni dei “ragazzacci” contro cui ho giocato all’epoca ora sono titolari nella nazionale italiana di basket, per intenderci).
A 21 anni ero tra i migliori realizzatori del campionato professionistico (serie D) a livello regionale, ed ero “quasi” entrato nella massima categoria della società sportiva dove giocavo e che avrebbe fatto da apripista alla carriera da giocatore (serie C1).
Perché tutto questa sbrodolata?
Perché queste sono tutte cose che per me, in un modo o nell’altro, hanno avuto un intenso valore. Su cui ho costruito castelli in aria.
Non aver raggiunto risultati da “Top Forbes under 30” nel basket, nel lavoro e in generale in nessuno dei “campi da gioco” della vita che ci circonda, mi ha aiutato a mettere su quel sorriso fiero, guardandomi allo specchio, di chi sa che ha dato e che deve sempre ricordarsi di dare tutto sé stesso per le cose che gli stanno a cuore.
Anche se poi non mi porto a casa delle vittorie, anche se dovessi “fallire”, sono (abbastanza) sicuro che l’entusiasmo, il divertimento e la “fotta” (cioè l’essere agguerriti, come diciamo a Bologna) non mancheranno (quasi) mai nelle partite successive.
Non sempre è così ovviamente.
Altre volte invece dopo una “sconfitta” non c’è niente di meglio che recitarsi nella mente quella famosa citazione del film Frankenstein Junior:
“Quando la sorte ti è contraria e mancato ti è il successo, smettila di far castelli in aria e va’ a piangere sul…mh”.
E poi tornare carichi sul campo da gioco”.
Domanda provocatoria, di quelle che dicono tutto ma non rivelano nulla. Giocando con l’immaginazione, che aspetto ha il leader ideale per te?
“Per chi ha dimestichezza con le serie tv parto da quelle e da un poeta, in una sorta di archetipo.
Me lo immagino alla Jon Snow de “Il Trono di Spade”. O Naruto dell’omonimo anime.
O ancora come Walt Whitman.
Cosa diavolo hanno in comune?
Sanno trasmettere in modo semplice, diretto e cristallino col cuore e con la mente ciò che desiderano raggiungere e ciò in cui credono.
E per questo sanno dare la carica.
Non si vanagloriano.
Non sminuiscono niente e nessuno (né i propri “camerati”, né il “nemico”). Non ne hanno bisogno.
Sanno ringraziare.
Sanno scusarsi.
Sanno dedicare tempo ad ascoltare le voci e il morale delle persone attorno a loro.
Sanno spronare.
Sanno fermarsi.
Sanno fidarsi.
Non fanno i “leader da balcone” (presente? Quelli che usano il “noi” maiestatis per irretire la folla di gente – o il “fantastico team” – che stanno loro di fronte).
Sanno darsi giusti meriti e colpe nel modo giusto.
Sanno dare giusti meriti e colpe nel modo giusto.
E potrei andare avanti. Meglio chiuderla qui, credo di aver chiarito il mio punto, vostro onore”.
Non siamo qui per gonfiare il tuo ego ma, rullo di tamburi, sei ad oggi la persona con il più alto livello di seniority nella futura classe di Milano. Che vibrazioni hai avuto dalla video call conoscitiva con gli altri compagni di corso e quanta (poca) voglia hai di abbracciare il ruolo di fratello maggiore per i più giovani in aula?
“Non confonderei “seniority” con “senilità”.
Sicuramente sono tra i più anziani (se non IL più).
Nel senso che bazzico da più tempo nel mondo del lavoro digital rispetto alla maggior parte dei ragazzi e delle ragazze che saranno in aula.
Ma il 90% di loro mi dà l’impressione di avere un grado davvero avanzato di maturità e di padronanza dei rispettivi ambiti professionali (insomma, ne sanno a pacchi).
Quindi certamente porterò in classe il “peso” della mia esperienza da un punto di vista umano, di approccio, di “trucchi”, di framework, di mentalità al mondo professionale digital (e non solo: un grande valore aggiunto nella nostra professione è proprio quello di contaminarlo con altre passioni e talenti personali che apparentemente non c’entrano una fava con il lavoro che svolgiamo).
Sicuramente sarò un compagno di squadra importante durante le lezioni e i progetti sulla SEO e sul content marketing, i contesti di competenza in cui sono verticale e su cui mi è parso non ci siano altri ragazzi focalizzati su queste materie.
Di certo ciascuno dei compagni di viaggio potrà trasmettermi la propria visione verticale della loro esperienza professionale “rielaborata”, ossia su cui hanno ragionato, che hanno messo in discussione, migliorato, aggiunto un loro pezzettino unico e inimitabile (che varrà molto di più della somma dei singoli pezzi di altri professionisti più “famosi” che sono stati ascoltati, ripetuti e copiati).
Il problema, per quanto mi riguarda, è che più la seniority si alza, più si consolidano competenze “dure”, ma allo stesso tempo avanza al galoppo la sensazione di “sapere di non sapere”.
Il mondo del digital è un banchetto luculliano. Bisogna stare attenti a non ingozzarsi troppo di robaccia, ma mangiare con gusto ciò che piace di più e assaggiare curiosi ciò che stimola il palato (ma senza esagerare)”.
Siamo al primo ottobre del 2022: parte ufficialmente il Corso a Milano con te protagonista in aula. Cosa ti aspetti dal primo giorno di scuola?
“Non ho manie di protagonismo.
Mi piace però fare domande e ascoltare, perché occupandomi di comunicazione e contenuti sono le due pedine fondamentali per giocare bene questa partita.
Perché?
Perché solo così si possono raccogliere informazioni chiave per comprendere il contesto in cui si è immersi (e su cui si deve lavorare con la comunicazione e il marketing) che vada oltre la semplice “sensazione”, impressione, intuito di come stanno le cose.
E solo così si potrà fare un lavoro (auspicabilmente) davvero efficace, differente, unico e potente rispetto a tanti altri nel medesimo contesto.
E così vorrei accadesse anche in classe.
Credo che conoscere le rispettive motivazioni, intenzioni e desideri dietro la scelta di scendere in classe (che è un po’ come “scendere sul campo” di gioco/battaglia) della DCA e della carriera intrapresa nei rispettivi ambiti professionali si potrà creare quella “miscela magica” di apprendimento che fa scattare qualcosa dentro la carriera di ciascuno (e magari, dei progetti)”.