Il vestito ideale di un freelance del Digital Marketing: i consigli di David Colangeli
– Dalla rubrica di Francesco Vitiello “Da studente a freelance del Digital” –
Il digitale è un settore in costante evoluzione. Non fai in tempo ad affezionarti ad un social media o ad un tool, che subito vengono rimpiazzati da “versioni” migliori.
Per questo, nel digitale, l’importante è non affezionarsi: i social, i tools, sono strumenti al vaglio della nostra strategia.
Consideriamoli la mise en place del nostro mestiere: la tavola, senza forchetta e coltello, continuerebbe ad esistere.
Così il marketing digitale!
Perciò, ciò che conta, è sviluppare delle competenze concrete, cercando di migliorarsi quotidianamente attraverso il confronto e le sfide che la vita professionale ci pone.
Un freelance, come dice il nostro David, è un po’ come un SRL autonoma: il tuo compito è quello di risolvere problemi attraverso ciò che offri, e le soluzioni puoi portarle sul tavolo grazie alle competenze che sviluppi.
David Colangeli – Docente di Web Tools per la sede di Roma della DCA – ci offre il suo punto di vista su questa figura “mitologica” quanto affascinante.
Lo scopo dell’intervista è quello di offrire la lente di visione di un professionista esperto a chi è alle sue prime esperienze lavorative o a chi è in procinto di compiere il “grande passo”.
Le risposte di David Colangeli
Il Digital Marketing è un settore in piena crescita e in costante mutamento. Se fossi un freelance del mondo digitale alle prime armi, che consigli gli daresti?
“Prima di tutto ti farei i complimenti per il coraggio!
Essere un freelance è sia la risposta alle condizioni politiche, sociali ed economiche in cui siamo immersi, sia un continuo mettersi in gioco con l’aggiunta di dover spiegare in continuazione cosa fai di lavoro, come lo fai e
perché non hai la tredicesima.
Hai deciso di fare “di necessità virtù”, ed è già una grande lezione di marketing, che credevi fosse marketing e invece è buon senso. Se hai capito che il mercato del Digitale in Italia vive in un costante mutamento, a metà tra un’analfabetizzazione sistemica e la richiesta sempre maggiore di risorse, sei già un passo avanti.
Il mercato attualmente si divide in due grandi driver: la richiesta di verticalità e la necessità di figure trasversali.
Il primo consiglio è cercare di capire che tipo di freelance vorresti essere: uno specialista o una figura di collegamento tra più argomenti?
Questa scelta ti porterà a capire anche il modo in cui organizzare la tua carriera:
se qualcuno ti mette in mano quello che (esageriamo!) ha di più caro al mondo (la sua immagine e reputazione social, oppure del denaro da far fruttare vendendo i suoi prodotti) tu hai il dovere di essere il migliore che il cliente si può permettere (vedremo dopo cosa significa).
Se invece il cliente e la tua indole ti portano a riuscire a gestire più flussi di lavoro insieme ( cosa che alla fine imparerai naturalmente con l’esperienza e non avendo un datore di lavoro fisso) sappi che a tutti piace fare il capo.
E a tutti piacerebbe essere il freelance “of the doom”.
Pochi ci riescono davvero. Per farlo devi avere una conoscenza profonda di processi e tecnologie molto diverse.
La verità è che in media in Italia quando chiedono un “omino dei social” ti chiedono comunque di saper leggere le analitiche e scrivere in ottica SEO, di poter fare analisi di mercato per gestire le ADS, gestire una newsletter e un CRM…
il problema è che spesso queste cose (che sono mestieri radicalmente diversi, con strategie diverse e risultati diversi) vengono richiesti in maniera raffazzonata.
Vuoi essere una figura con più specialità? Allora ti tocca faticare il doppio, il triplo.
Con l’aumento della responsabilità aumenteranno i problemi ma anche le opportunità.
Il secondo consiglio è scegliere con cura i clienti.
Ci sono settori dove il tuo lavoro verrà considerato superfluo e ti tratteranno come l’ultima ruota del carro, altri dove verrai valorizzato e potrai crescere professionalmente.
Il “digitale” è spesso un cavallo di Troia per entrare proprio nel settore che sognavi: io, ad esempio, dopo anni in cui ho cercato di diventare un cantautore famoso (alcuni, tra cui mia madre, direbbero inutilmente), ho scoperto che “passando nelle retrovie” le cose che sapevo fare sui social o con il giornalismo digitale, all’intero settore musicale, non solo servivano… ma mi pagavano anche di più di quando cantavo.
Così nel Cinema.
Non rinunciare alle tue origini (io vengo dal DAMS, e grazie a quelle skills di estetica e storytelling ho capito dove volermi specializzare… non smettere mai di studiare e di stupirti di quante cose si possono imparare e, di conseguenza, cambierai carriera mille volte).
Per dirla male: non rinunciare ai tuoi sogni, trasformali, e aiuta chi quei sogni può trasformarli con te in un successo misurabile. L’importante è che alla fine della giornata non solo tu abbia messo assieme il pranzo con la cena, ma che ti senta fiero di quello che stai facendo: un freelance digitale è un supereroe, è una missione.
Risolvi problemi che gli altri non sapevano di avere, in modi che non riescono a capire.
Fai arrivare la cosa giusta alla persona giusta. Riesci a vedere oltre il velo, scoprendo le tattiche e i motivi dietro alla scelta di un colore (o di una campagna intera; che sia commerciale, no profit o politica).
Il terzo consiglio è circondati di stimoli.
Diceva Ėjzenštejn, regista sovietico visionario e incredibile (ecco il Dams che ritorna!), che per pensare all’idea di LOCOMOTIVA non puoi partire dall’idea del CAVALLO, ma dalla STUFA.
Non sono pazzo, ora lo spiego: i processi di innovazione, la creatività, agiscono spesso su sentieri trasversali, che nemmeno sapevi ci fossero, ma che in realtà esistevano. Basta sfruttare qualcosa già presente e renderla funzionale a qualcos’altro al quale nessuno aveva mai pensato.
Sii curioso, affamato, critico, fissati sulle cose che ancora non hai imparato : solo conoscendo perfettamente la grammatica, il galateo e il mood di un social capirai come produrre contenuti che non sembrino sfornati con lo stampino, o peggio, che sembrino solo di pubblicità.
Ultimo: ricorda che la tua vita è una coperta corta di soldi, tempo e qualità.
Se diventi imprenditore di te stesso (sì, complimenti, sei una specie di srl monopersona!) devi ragionare come un’azienda: sei un fornitore di servizi, non un impiegato. E se il cliente ti chiede qualcosa fatto bene, e subito, devi decidere in coscienza se dedicarci più tempo (e tanto caffè)… questa cosa deve tradursi in soldi.
Se un cliente ha pochi soldi, ma ti piace davvero tanto, devi riuscire a garantirgli qualità e competenza, sì, ma non puoi togliere ore ed energie a quello che poi ti paga davvero. Se un cliente ti paga poco, non ti valorizza, non ti dà gli strumenti per portare il tuo lavoro a compimento… cerca di salvare capra e cavoli; come diceva mia nonna: “attacca il somaro dove vuole il padrone”.
Fai un lavoro decoroso (in TV si diceva, una volta, “alla soglia della messa in onda”, ovvero in maniera che esca bene in video) e scegli dei risultati che a lui possano fare comodo quanto a te, e non stressarti troppo.
Cambia cliente prima che diventi un gioco al massacro. Li fuori è pieno di PMI, bar, crowdfunding, scuole di musica, e molto altro, pronti a pagare o a trattarti meglio”.
Gli strumenti a disposizione per poter muovere i primi passi online sono moltissimi. Come scegli i tool con cui lavorare? Quali sono i tuoi cinque tool preferiti?
“Nel corso che tengo ho la fortuna di poter mostrare, letteralmente, una “cassetta degli attrezzi”.
Ma la verità è che con l’aumento dell’esperienza ho capito un paio di cose fondamentali che spesso trascendono dagli strumenti utilizzati. I tools online hanno vita breve e splendida come una farfalla.
A volte diventano a pagamento da un mese a un altro, oppure vengono comprati da una piattaforma più grande, o diventa illegale usare quei dati in quel modo.
Quindi l’idea principale è di non costruire mai la tua strategia di content e di organizzazione del lavoro solo su tool specifici; piuttosto organizzati un framework funzionale a ciò che vuoi fare vagliando varie alternative. Fatti uno
schema su ciò cui devi lavorare più che uno schema di cosa serve a fare cosa.
Organizzati in macroaree (spoiler: il corso che terrò sarà proprio diviso così): i tools per avere ispirazione, i tools per realizzare grafiche, i tools per programmare il lavoro e gestire un eventuale team, i tools per monitorare e
analizzare. Una lista completa non può risultare utile perchè già domani potrebbe cambiare e non ho voglia di fare la figura del boomer.
Come il nostro Magnifico Preside e CEO Federico, rimanendo nell’ambito squisitamente social nella sua Q&A sul profilo Instagram della DCA, fa notare: se da oggi a domani devi produrre un piano editoriale, ci sono Canva, Kapwing, Trello…
per trovare idee per dei copy puoi cercare letteralmente su Google che giorno è oggi e scoprire quale giornata mondiale è alle porte o qual è letteralmente la notizia del giorno.
Già con questi hai “svoltato” una presenza basic sui social. Imprescindibile è Hootsuite per programmare e gestire tutti i canali assieme. Poi, andando in profondità, se vuoi scoprire qualcosa di più su che keyword usare o che hashtag, ammesso che ancora si usino e dove; ci sono Ubersuggest e All-Hashtag.
Ma, passami una frase da motivatore di quart’ordine: il vero tool sei tu. La tua analisi preliminare, la tua capacità di coinvolgere. Sei tu che scegli come usare un martello, sei tu che scegli il modo di avvitare una vite.
L’idea non è tanto quali sono i “miei” tools preferiti… ma quali sono funzionali a raggiungere il massimo risultato con il minimo sforzo. In classe spesso imparo anche io dai discenti; li stimolo proprio a cercare tools simili o che facciano cose. Il mio modo di aggiornarmi te lo dirò in classe, ma già confrontando le slide del primo anno di lezioni fatte in DCA con quelle di questo, c’è davvero da pensare che sia cambiato tutto… quando non è cambiato niente.
Ci saranno sempre tools per cercare, altri per fare, altri per gestire e altri per monitorare. Se impari lo schema, possono cambiarti martello, ma non cambia il chiodo che sai mettere nel muro.
Ogni persona dovrebbe avere la sua cassetta degli attrezzi, proprio come i fucili di Full Metal Jacket.
Un consiglio pratico, che in realtà è anche collegato alla domanda precedente, è quello di andare sui siti tipo Fiverr e vedere quali profili cercano e che risultati cercano: così prima di tutto inizi a copiare i profili dei top cinque del settore, e poi fai una strategia di efficacia ed efficienza sui tipi di tools che ti servono per realizzare quello che ti serve”!
Quando si è freelance, la risorsa più importante è il tempo: come organizzi le tue giornate lavorative?
“Ultimamente, e pericolosamente, nel “mondo del lavoro digitale” sta diventando di moda dire che si è oberati di lavoro. C’è una glamourizzazione dell’essere sovraccarichi, di dover spingersi sempre oltre la soglia. Ci si fa ironia sopra.
Ci si vanta, inconsciamente, di avere un cliente “pazzo” più degli altri. Non voglio mettere bocca sulle difficoltà oggettive ed economiche; ne sono schiavo anche io.
Ma spesso è un sintomo di cattiva gestione del tempo più che di dedizione. Io trovo questa tendenza abominevole e fastidiosa, nociva.
Il tempo è certamente la risorsa fondamentale… ma la serenità lo è di più.
Prima di iniziare qualsiasi progetto o collaborazione bisogna stimare le ore che serviranno per raggiungere i risultati concordati. Si procede in maniera modulare, con Action Plan e Funnel strutturati (come se fossi un’agenzia, ma l’agenzia sei tu) con i processi da compiere, le ore che preventivi per metterli in scena e tenendo sempre a mente le leggi di Murphy: la tua capacità di arginare i problemi sarà sempre minore rispetto alla portata dei problemi che si presenteranno.
Personalmente sto applicando un metodo che ho imparato da Luca Barboni, che poi ho ritrovato in un corso di gamification che ho seguito poco tempo fa, ed è banale quanto geniale: i Lego.
Ogni giorno è composto di 24 blocchettini. Ogni attività ha un colore diverso.
Ogni ora che dedichi a qualcosa (che sia un cliente o lo studio di qualcosa di nuovo) metti un mattoncino del colore associato. Se i blocchi di lavoro di un cliente superano la media stai gestendo male il tempo.
Viceversa, se il lavoro supera le tue funzioni primarie o il migliorare te stesso allora stai gestendo male il tuo tempo.
Attualmente le mie giornate sono composte dal 30% lavoro: 10% studio e approfondimento della mia nuova fissa, metodo, strategia o autore i cui concetti tradurrò in un’implementazione delle mie skills nel giro dello stesso anno; 20% cose da essere umano adulto funzionale (cucinare, fare la spesa, lavare, dormire); il restante dedicato ai miei hobby.
Qualcuno potrebbe pensare che sia troppo il tempo che dedico a vedere film, ascoltare musica sempre nuova, leggere o giocare ai videogiochi.
Secondo me invece sono attività fondamentali per rimanere vivo e aggiornato su quello che è il “sentimento del Mondo”… È lì che lavoriamo noi del digitale; rimanere senza hobby ci ucciderebbe. Un altro metodo infallibile è il
mio gatto.
Il mio gatto ha una routine quasi simile a quella della “tecnica del pomodoro”, solo che invece di far suonare il timer mi morde la faccia se non smetto di lavorare: quasi ogni quaranta minuti mi viene a dare fastidio. Lavoro o studio per quaranta minuti incessantemente e cinque minuti mi rilasso giocando con il gatto o parlando al telefono di cose frivole con le persone che amo.
Alla fine della giornata ho lavorato tantissimo… e il mio gatto pure”!
Quando tu stesso hai mosso i primi passi nel digitale, quali sono state le cose che hai fatto per cominciare ad acquisire competenze concrete?
“Il mio arrivo nel mondo del digitale è stato rocambolesco e paradigmatico: sono scappato da un mestiere e trovandomi nella situazione di dover fare qualcosa che non sapevo fare; ho imparato come si imparava una volta (madonna, che cosa da boomer da dire), provando e riprovando, sbagliando tanto fino a che non ho capito come fare, sempre più in fretta.
Permettetemi una digressione: quando iniziai a studiare Produzione Audiovisiva mi resi conto quasi subito che gran parte delle persone che lavoravano già nell’ambito del cinema e della TV non avevano studiato quello
che stavo studiando io.
Avevano tutti quell’aria da “ho fatto la guerra”, “ho inventato un mestiere”, “tu stai studiando una cosa che io ho dovuto faticare per capire come fare”.
Dieci anni fa, quando iniziai a lavorare nel marketing e nella comunicazione digitale a tempo pieno e in modo cosciente, qualcuno proponeva già dei corsi… ma erano comunque tenuti da persone che in quello stesso momento stavano letteralmente tenendo un candelotto di dinamite in mano e non sapeva a cosa servisse la miccia accesa.
Sono stato fortunato, sicuramente. Ho deciso quasi subito di circondarmi di persone provenienti da tanti settori e con tante competenze per poter rubare con gli occhi il più possibile e applicare subito in ambito lavorativo ciò che avevo appreso.
Adesso che “insegnare” il digitale è diventato quasi un vero mestiere, siamo davanti al fatto che (differentemente da moltissime altre professioni) per insegnare BENE devi davvero saper fare le cose che fai.
Perché il digitale stesso ti mette nella condizione di alfabetizzarti: passi tre ore al giorno su Youtube e hai le stesse skills che aveva un guru del marketing dieci anni fa. Gli stessi canali dove lavoriamo, già dal giorno zero, ti insegnano come
rendere l’esperienza profittevole per te, loro e i tuoi clienti.
Appena mi hanno messo davanti ad una responsabilità ho fatto le due cose che sapevo fare meglio: ho studiato e ho sperimentato; ho ribaltato le cose che sapevo per portarmi al risultato.
La mia insegnante di canto dell’epoca diceva sempre una cosa che secondo me è la più grande lezione di vita possibile: quando finisce il talento inizia lo studio e la pratica. Tu puoi essere il più grande creativo del mondo, ma se non studi sei limitato al tuo stesso senso di essere arrivato.
Adesso qualsiasi gen-z ha le stesse competenze pratiche e teoriche di un social media manager di cinque anni fa: se ti fermi a quello che sapevi anche solo il mese scorso sei già fuori mercato. Ho scelto di fare formazione e insegnare per questi motivi: il primo è che aiutare le persone a capire cosa fare nella vita e fargli vedere dove ho sbagliato io mi rende fiero, mi fa sentire parte di una vera e propria rivoluzione politica di alfabetizzazione nel mondo del digitale che in Italia serve come il pane.
Il secondo è che facendo in modo che almeno duecento persone all’anno abbiano gli stessi strumenti e le stesse nozioni di partenza che posso avere io mi stimola ogni anno a essere migliore di quelle persone che già dal giorno zero potrebbero rubarmi il mestiere”.
Al David di 15 anni fa, ora come ora, cosa consiglieresti?
“Domanda difficile. Forse la più difficile. Mi perdonerete una risposta romantica. Direi sicuramente di dare più ascolto a chi chiedeva gentilezza invece di dover essere sempre brillante e sarcastico: impara ad ascoltare i bisogni e non sottovalutare i valori altrui, perchè ne farai letteralmente un mestiere.
Gli direi anche di non pensare che tutto si sistemerà, perché diventerà sempre peggio (anche se non è vero, tutto va bene, ma un po’ di ansia fa sempre performare meglio). Impara ad usare i fogli di calcolo,
sono divertenti se diventi bravo.
Gli consiglierei di non rimuginare troppo su quello che pensa di dover meritare; perché il tempo è galantuomo se lo sarai anche tu con lui. Gli direi di non sacrificare rapporti preziosi in cambio di rapporti di convenienza o che
rimpinguano l’ego in maniera effimera.
Direi, cosa più importante, che alcune volte dovrebbe abbassare la cresta e non essere così duro e puro… Ma anche che chi si è comportato male, anche se sembra che stia vincendo, dopo un po’ di anni rimarrà nel suo buco
mentre tu diventerai migliore e con un sacco di competenze… e che hai schivato un bel proiettile a non farti mettere i piedi in testa.
Per il resto gli direi: stai andando bene. Ah, e iscriviti a un corso di Tedesco”.