Introduzione all’economia comportamentale. Soldi, banchieri e indici di borsa

– Dalla rubrica di Salvatore De Marco, “Cosa ti dice il cervello” –

Quando dico alle persone che studio economia, mi immagino che nelle loro teste si alternino queste tre immagini: soldi, grosse banche e indici di borsa che salgono e scendono. Per carità, l’economia è anche quello, ma sarebbe come ridurre la medicina al medico di base che ti prescrive i farmaci, un po’ ingiusto.

In realtà, l’economia è molto più presente nelle nostre vite di quanto pensiamo. Se guardiamo all’etimologia della parola, scopriamo che deriva dal greco antico oikos, che significa casa, e nomos, che significa legge; per gli antichi greci, quindi, l’economia non era altro che la corretta gestione della casa e dei beni in essa compresi.

Non scorderò mai una delle prime frasi che lessi sul libro di testo del mio primo esame all’università (economia aziendale): “La scienza economica studia il modo di affrontare il dilemma per cui i bisogni umani tendono ad essere tendenzialmente illimitati, mentre le risorse disponibili sono spesso limitate”.

Già i greci avevano capito che per amministrare correttamente la casa avrebbero dovuto trovare un equilibrio tra due forze, uguali e contrarie: la prima è quella di procurarsi i beni necessari o desiderati, la seconda è gestire (e magari non sperperare) le risorse che si hanno a disposizione.
E, se ci pensate, l’economia domestica dei giorni nostri altro non è che assicurarsi quanto meno il pareggio tra entrate e uscite della famiglia. Questo concetto è applicabile, in linea generale, anche alle aziende, alle ONG o agli Stati; qualsiasi entità moderna deve in qualche modo trovare un connubio tra bisogni illimitati e risorse limitate, stabilendo priorità e scegliendo quanti e quali soddisfare.

Dato che l’economia studia i bisogni umani e come soddisfarli attraverso le risorse disponibili, si occupa, in sostanza, dell’uomo e dei suoi comportamenti, sia preso singolarmente sia in gruppo. Per questo motivo la scienza economica è ascrivibile alla categoria delle scienze sociali, contrapposte alle scienze naturali, come la fisica, la chimica e l’astronomia, che studiano le leggi regolatrici della natura.

L’economia come scienza sociale

L’economia ha tantissime branche, ma tutte quante si basano sulle scelte e sui comportamenti umani, che sono proprio quelli che generano e influiscono sui fenomeni economici. Ma allora perché esiste un’economia che si chiama comportamentale? Non dovrebbero esserlo tutte dato che si basano sulle decisioni delle persone?

È presto detto! Dato che l’economia è una scienza sociale, non è esatta (come per esempio la matematica) altrimenti saremmo in grado di prevedere tutti i comportamenti e tutte le scelte degli individui, ma cambia e si evolve con l’uomo, il quale a sua volta muta a tutti i livelli: organizzativo, di bisogni, di comportamenti, di abitudini.
Pensate solo al divario epocale che c’è tra la società del 1900 e quella del 2000, o, ancora più semplicemente, alla differenza tra bisogni e comportamenti delle persone nel 2019 e 2021. 

Quella che noi chiamiamo economia, singolare femminile, è in realtà un nome collettivo, che racchiude le più disparate materie e teorie. Questa materia cambia da Stato a Stato, da epoca a epoca, da una fascia di età all’altra.

Mi piace paragonare l’economia alla religione (e fidatevi che le discussioni che si creano sono su quei livelli): ne esistono tantissime, alcune sono simili o esprimono gli stessi concetti, ognuna ha i suoi dogmi (ipotesi su cui si fondano), i suoi profeti (economisti che le hanno teorizzate) e i propri discepoli, agguerriti sostenitori pronti a linciare gli infedeli; ma tra tutte le correnti di pensiero, ne esiste una che ha preso più piede delle altre: per la religione è il Cristianesimo, per l’economia è quella Neoclassica, la quale ha permesso lo sviluppo del capitalismo.

Come funziona l’economia neoclassica


L’economia neoclassica tenta di spiegare la realtà attraverso dei modelli che mostrano come i soggetti presi in esame si comportano, date certe condizioni e sotto certe ipotesi.
La validità di un modello è legata alle condizioni di base e a quanto è più aderente alla realtà. Tuttavia, queste ipotesi di base sono spesso semplificatrici e sono caratterizzate da una bassa probabilità di realizzazione concreta; tutto ciò rende la teoria valida a livello astratto e, quindi, applicabile alla realtà, ma non totalmente.

Per fare un esempio un po’ più concreto di ciò, pensate agli esperimenti di fisica fatti in ambienti chiusi e senza condizionamenti esterni, una volta validata la teoria, l’esperimento dà i risultati sperati anche in ambienti non controllati. Il famoso piano inclinato senza attrito, protagonista di innumerevoli esercizi del libro di fisica, su cui viene posta una pallina che rotola verso il basso e per calcolarne la velocità si usava una formula. La pallina, nel mondo reale, rotola comunque verso il basso ma, a seconda del materiale su cui è posizionata, dell’azione dell’aria e di altri fattori, cambierà la velocità, che sarà quasi uguale a quella calcolata nell’esercizio, ma non corrisponderà del tutto.

Così funziona l’economia neoclassica: ipotesi semplificatrici, variabili che si vogliono considerare, realizzazione del modello che spiega il loro comportamento e verifica di quest’ultimo nel mondo reale. Se il modello corrisponde alla realtà, allora verrà usato per spiegare eventi passati e, possibilmente, prevedere quelli futuri.

Economia Micro e Macro 

Due delle più importanti branche dell’economia neoclassica moderna sono: la Microeconomia e la Macroeconomia.
La macroeconomia, come dice la parola, si occupa di “cose grosse”, ossia dell’economia nel suo complesso e a livello aggregato. Studia i tassi di crescita del PIL, l’inflazione, le crisi globali, la disoccupazione e tantissimi altri fenomeni che riguardano intere nazioni e popolazioni.
La microeconomia, invece, si occupa di “cose più piccole” e studia le decisioni degli individui, delle imprese e le loro interazioni sul mercato.

Detta così, sembrerebbe che la prima sia più importante della seconda, quasi come se fosse compresa al suo interno, ed è così, ma anche no. Mi spiego meglio.
Alcune delle ipotesi di base della microeconomia sono che gli individui e le imprese siano completamente razionali, abbiano a disposizione tutte le informazioni di cui necessitano per prendere le decisioni e si comportino in maniera ottimizzante: qualsiasi azione degli individui è tesa a massimizzare la propria soddisfazione, chiamata anche utilità; mentre le imprese prendono decisioni di produzione in modo da massimizzare i profitti.

Qualsiasi sistema economico, per quanto possa essere grande, è composto nelle sue parti più piccole da singole persone e singole imprese che interagiscono tra loro, ed è proprio per questa ragione che la microeconomia e la macroeconomia sono intrinsecamente legate: per comprendere cosa determini la spesa aggregata di uno Stato, si devono prendere in considerazione le intenzioni degli individui e delle aziende che sono all’interno dello stesso. La macroeconomia ha fondamenta microeconomiche.

Poiché alla base di ogni modello a livello macro ci sono un’infinità di interazioni di livello micro, l’economia neoclassica, facendo fede sulle ipotesi microeconomiche sopradescritte, ritiene che il mercato tenda sempre verso l’equilibrio, che i prezzi e la produzione si determinano dall’interazione di domanda e offerta e che tutti gli agenti economici agiscano razionalmente.

Economia Comportamentale

L’economia neoclassica dipinge questa irrealistica immagine dell’uomo come una macchina perfetta, capace di prendere sempre decisioni ottimali, super concentrato a massimizzare la sua soddisfazione personale, senza difetti, emozioni, fallacie e, infatti, nel gergo viene chiamato homo oeconomicus.

Tuttavia, nel corso degli anni, qualcuno ha storto il naso e ha criticato questa visione dell’umanità perfettamente razionale. Già negli anni ’50 due studiosi e premi Nobel Herbert Alexander Simon e Maurice Allais elaborarono modelli di comportamento differenti da quelli della teoria economica classica, dimostrando che il giudizio e le scelte delle persone sono soggette a condizionamenti interni ed esterni che né riducono l’efficacia. Con il tempo, lo studio dell’irrazionalità, dei difetti e delle fallacie (cd. Bias cognitivi ed euristiche) del processo di decision-making umano ha preso forma ed è diventato una disciplina a sé stante.

L’economia comportamentale è diventato il campo di coloro che non credono nell’infallibilità umana anzi, sono convinti che l’uomo prenda decisioni per lo più sommarie, condizionato dall’ambiente esterno e avendo a disposizione informazioni incomplete o parziali.
Tutto ciò non per criticare i professoroni o per buttare gli individui in depressione facendoli sentire dei completi inetti, ma per evidenziare che un problema c’è e solo riconoscendolo possiamo studiarlo, comprenderlo e trovare una soluzione, anziché pensare che i problemi non esistano e che, semplicemente, sia stato un errore di previsione.

Questa economia studia, attraverso l’analisi sperimentale, il comportamento umano e da lì tenta di trovare nuovi modi per correggerlo, renderlo più efficace ed efficiente, così da rendere più felici le persone e migliorare la vita in società.
Mainstream è ormai diventato il libro di Richard H. Thaler e Cass R. Sunstein “Nudge: Improving Decisions About Health, Wealth, and Happiness”, in cui i due studiosi riconoscono in primis che gli individui alcune volte prendono delle scelte che vanno contro i loro interessi e poi tentano di offrire piccole soluzioni pratiche, delle “spinte gentili”, per incentivare decisioni migliori: risparmiare di più, avere una dieta salutare, rendere più semplice pagare le tasse (in Italia ne avremmo davvero bisogno) e anche migliorare la mira degli uomini nel bagno dell’aeroporto (qui).

Gli studi e le relative applicazioni sono potenzialmente infiniti. Alcuni concetti sono già entrati a far parte della cultura comune come “I principi di persuasione” di Cialdini o la spiegazione di come l’uomo ragiona fatta da Kahneman nel suo libro “Pensieri lenti e veloci”; altri, invece, sono tutti ancora da scoprire: gli studiosi hanno trovato oltre 200 bias cognitivi del cervello umano e chissà quanti ancora ce ne sono di cui ignoriamo l’esistenza.Quando dico ai miei amici che è quello che voglio studiare nella vita mi guardano come se gli stessi propinando una supercazzola. Ho scritto questo articolo come introduzione all’economia comportamentale perché è una scienza giovane, ancora in pieno sviluppo e so che, per chi non è pratico di economia, molti concetti possono risultare ostici, anche perché si parla di economia, ma soldi, banche e indici di borsa non vengono mai nominati.
Spero di essere stato il più chiaro possibile e non vedo l’ora di scrivere un altro articolo, magari entrando più nello specifico di alcune teorie e di come sono state utilizzate.

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