Lingue Straniere: un asset che può cambiare le regole del gioco nel Digital
– Articolo di Simone Iumiento –
Dall’economia aziendale alle lingue straniere: il percorso di Stefania Anolli, Relationship Manager per l’Italia in LinkedIn, a Dublino.
Trasformare un problema in un’opportunità non è facile, ma nemmeno impossibile.
Stavo per concludere il mio percorso di laurea triennale in Mediazione Linguistica per l’Impresa, che ho frequentato alla Civica Scuola Interpreti Traduttori di Milano. A qualche esame dalla fine, ho realizzato che la strada che avevo intrapreso non era quella giusta. O meglio, non mi stava portando dove volevo, anzi, dove credevo di dover andare.
Sognavo di fare l’interprete per aiutare le persone a comunicare, senza barriere linguistiche o culturali. Ci riuscivo, anche discretamente bene. Ma non mi sentivo gratificato e soddisfatto come tutti i miei colleghi raccontavano.
Dopo un breve disorientamento iniziale, ho capito che quelle competenze linguistiche che avevo acquisito dovevo convertirle. Erano indiscutibilmente utili, ma dovevo trovare il modo di sfruttarle per il mio prossimo step (non sapevo quale sarebbe stato, ovviamente).
L’ho fatto andando all’estero, iniziando un percorso di studi orientato alla comunicazione, al marketing e al digitale per il quale era richiesto un alto livello linguistico (C2). Quella gratificazione che cercavo, finalmente, l’avevo trovata. Il mondo della comunicazione e del digitale aveva finalmente acceso in me quella fame di conoscere che cercavo e speravo di trovare.
Riflettendoci, ho trovato quello che cercavo solo grazie alla mia esperienza pregressa. E quel problema della laurea ‘sbagliata’ si è trasformata nell’opportunità più importante della mia (seppur breve) carriera.
Le lingue straniere non sono state un asset importante per la carriera solo per me. Me lo ha raccontato Stefania Anolli, ex studentessa di Interpretazione, oggi Relationship Manager per l’Italia in LinkedIn, a Dublino.
Quando l’ho conosciuta, sono rimasto particolarmente colpito dal suo background accademico e mi sono chiesto in che modo una laurea in Interpretazione avrebbe permesso a qualcuno di entrare in uno (anzi, in diversi) giganti Tech come LinkedIn, HubSpot o Google.
Stefania mi ha raccontato la sua esperienza accademica e professionale, sottolineando come lo studio delle lingue e dell’Interpretazione l’abbiano aiutata a sviluppare alcune soft skills importantissime nel suo lavoro, come la capacità di ascolto attivo o la capacità di sintesi.
Ecco l’intervista per voi, buona lettura. 🙂
Hai iniziato il tuo percorso accademico scegliendo di studiare Economia all’Università Cattolica di Milano. Dopo qualche anno dalla laurea, però, hai deciso di intraprendere un nuovo percorso presso la Civica Scuola Interpreti. Quali sono state le esperienze o le riflessioni che ti hanno spinto verso questa decisione e portato a questo ‘switch’?
“Bella domanda! Dunque, cominciamo dall’inizio. Ho iniziato il mio percorso accademico scegliendo Economia e Commercio in quanto la ritenevo una facoltà che mi potesse aprire varie porte e anche perché per quanto provenissi da un diploma scientifico non ero attirata particolarmente dalle varie ingegnerie. Difatti è stato così, Economia mi ha permesso di studiare e approfondire conoscenze in ambiti vari, dalla statistica ai diritti, da matematica finanziaria a micro e macroeconomia, e via dicendo. Sono sempre stata molto eclettica, difatti nonostante mi sia laureata in Economia Politica avanzata con una tesi sul mercato delle licenze e sulla teoria dei giochi, ho scelto di lavorare poi nel marketing in azienda.
Dopo vari stage ed esperienze lavorative su cui ora non mi soffermerò, ho avuto la fortuna – oggi ne sono sempre più convinta che sia stata una fortuna – di perdere un lavoro che non mi stava più dando nulla ma dal quale non riuscivo a staccarmi per via del tanto ambito contratto a tempo indeterminato. Una volta che mi sono ritrovata disoccupata a fine 2012, in piena crisi, dopo qualche sessione di coaching ho deciso di riprendere gli studi e di intraprendere un nuovo percorso formativo presso la Civica Scuola Interpreti di Milano.
Apro una parentesi: ho sempre e profondamente amato le lingue straniere, che sia perché mia mamma è stata una professoressa di Tedesco (che ancora non conosco bene, tra l’altro) e quindi ce l’ho nel DNA, che sia perché fin da quando avevo 5 anni e mezzo ho fatto la scuola francese di Milano, sta di fatto che nel tempo libero, anche da adulta, spesso i miei hobby erano studiare le lingue straniere e mi sono infatti cimentata e dilettata negli anni, anche se in alcuni casi con scarso successo, a studiare Cinese (mentre ero all’università), perfezionare l’inglese, poi russo, tedesco, ecc. Dunque grazie a questa mia passione ed al percorso di coaching ho deciso appunto di fare questo ‘switch’ come lo definisci tu, dicendomi che tanta valeva la pena investire su me stessa e riprendere gli studi a 30 anni suonati per approfondire questo mio interesse per le lingue straniere e magari farlo diventare una professione”.
Oltre alle competenze hard che hai acquisito studiando Interpretazione, quali sono le competenze soft che pensi di aver acquisito e che hai avuto modo di mettere in pratica nelle grandi aziende in cui hai lavorato?
“Credo che l’anno in cui ho studiato Interpretazione – o meglio provato a studiare – sia stato uno dei più difficili, ma anche arricchenti, della mia vita accademica e professionale. Ricordo ancora le prime settimane di pre corso dove ci insegnavano a contare mentre si ascoltava in lingua un discorso di Cameron o di qualche altra importante conferenza e poi dovevamo essere capaci di riassumere quanto ascoltato per qualche minuto senza ovviamente perdere di vista il numero. La sera avevo dei mal di testa incredibili, anche perché non avendo fatto Mediazione Linguistica come laurea triennale prima e provenendo da anni di lavoro, ero più che mai arrugginita, anzi come mi disse una docente della scuola stavo cercando di saltare su un treno mentre era già in piena corsa (mai metafora fu più azzeccata!).
Detto ciò, Interpretazione mi ha fatto crescere molto, non solo in quanto mi ha permesso di migliorare notevolmente il mio livello di Inglese, ma anche per l’allenamento della memoria (per la tecnica della simultanea), per l’esposizione orale, e grazie alla tecnica della consecutiva anche per la capacità di sintesi e di esposizione di concetti chiave grazie al sistema di presa delle note. Così come tutte le altre materie corollarie sono state estremamente importanti e formative. Una su tutte di soft skill che ho migliorato è la capacità di ascolto, ascolto attivo, e credimi questa competenza credo possa tornare utile in qualsiasi ruolo professionale si voglia poi intraprendere, al di là della mera interpretazione”.
Nel corso della tua carriera, hai avuto l’opportunità e la bravura di lavorare in colossi della tecnologia del calibro di Google. Sei sempre stata appassionata di tecnologia o sei entrata in contatto con questo ‘universo’ per caso?
“Credo che nulla avvenga veramente per caso, in quanto ogni percorso intrapreso, ogni ambito di studio, progetto, stage o esperienza lavorativa ci arricchisce in qualche modo e ci porta all’esperienza successiva, al famoso ‘what’s next’.
Anzi, una cosa che si dice in LinkedIn e che ritengo verissima, sia che non bisogna pensare al proprio lavoro attuale pensando a quello che ci dà oggi, qui e ora, ma va affrontato pensando a chi si vuole diventare, come professionista e come persona quando di fatto si lascerà quella determinata azienda. Proprio così, infatti la trasformazione del proprio sé, della propria azienda e del mondo in ultima istanza è uno dei valori essenziali che impregna la cultura aziendale di LinkedIn.
Grazie alla mia conoscenza linguistica, oltre che alla mia adattabilità ed ecletticità (ho sempre sposato il cambiamento ed il fatto di spingermi fuori dalla mia zona di comfort), sono arrivata in Google per ‘caso’ diciamo grazie ad un colloquio e ad un test linguistico andato bene. Di certo, rimboccarsi le maniche, darsi da fare ed avere un approccio aperto alle opportunità ed al cambiamento ha aiutato non poco”.
Analizzando il tuo profilo LinkedIn, ho notato che il Marketing è un settore nel quale hai sempre lavorato. A parer tuo, esiste una relazione tra il marketing e l’apprendimento delle lingue straniere?
“Non saprei se esiste una correlazione tra il marketing e le lingue straniere, di certo ad oggi parlare bene almeno 3 lingue direi che è essenziale per aprirsi più porte possibili e trovare buone opportunità lavorative, specialmente all’estero ma anche in Italia. Poi dipende da dove si vuole lavorare, in una multinazionale anche chi si occupa di marketing immagino debba interfacciarsi con la casa madre magari ubicata all’estero e comunque avere un buon livello di Inglese è imprescindibile al giorno d’oggi, a prescindere dalla carriera che si vuole intraprendere”.
Oggi lavori in LinkedIn, un’azienda tecnologica decisamente appealing, in grado di sedurre ed attrarre talenti da ogni background e da ogni parte del mondo. Di cosa ti occupi di preciso?
“Sono Relationship Manager e gestisco un portfolio di 100 clienti, aziende che vanno dalle medio piccole a quelle più grandi e strutturate, in vari settori industriali e tendenzialmente sono tutte ubicate nel Nord Est d’Italia.
Il mio compito diciamo è di aiutare le aziende ad avere successo con LinkedIn, nello specifico a trasformare i loro processi di attrazione e ritenzione dei talenti in azienda, sviluppare o migliorare il loro employer branding e creare od ottimizzare la loro presenza su Linkedin curando la comunicazione aziendale sulla piattaforma, offrendo consulenza quindi sia in ambito HR che in ambito marketing, di modo da aiutare le aziende a raggiungere gli obiettivi prefissati”.
In aziende come LinkedIn o HubSpot, dove per altro hai lavorato, esistono delle opportunità per professionisti dal background linguistico o competenze come le lingue straniere sono sempre e ‘solo’ trasversali?
“All’estero le lingue straniere sono sicuramente un asset molto importante e non necessariamente sono solo trasversali come dici tu. Difatti ho colleghi laureati in Biologia o Filosofia e sono tutti ottimi professionisti e lavorano nelle vendite qui in LinkedIn. Io stessa sono stata assunta in LinkedIn pur non avendo un’esperienza commerciale diretta, perché oltre ad essere un buon fit culturale per l’azienda, quello che viene valutato in fase di selezione è anche il potenziale del candidato, oltre che le cosiddette soft skills. Anche perché quelle o si hanno o si hanno, mentre altre competenze, con la voglia di mettersi in gioco, imparare, fare coaching e mettersi in discussione si possono apprendere e questo farà anche parte del bagaglio di crescita personale e professionale che ognuno di noi si porterà dietro quando valuterà di intraprendere poi nuovi percorsi di carriera.
Quindi direi che una laurea in Lingue Straniere non deve essere necessariamente un deterrente a voler fare altro, che non ricada strettamente nell’ambito linguistico. Conta molto di più la motivazione, la voglia di fare e di mettersi in gioco, a mio avviso”.
Per concludere, al netto del background di provenienza, quale consiglio daresti a un giovane professionista interessato a lavorare in aziende tech come LinkedIn, HubSpot o Google?
“Di curare il proprio profilo LinkedIn, sembra magari una banalità ma non lo è, ed è stato quello che mi ha permesso in prima istanza di farmi notare proprio da LinkedIn, di curare il proprio brand personale e professionale e di crearsi un buon network di relazioni professionali rilevanti rispetto alle proprie ambizioni lavorative.
Suggerisco inoltre di osare, contattare il o la recruiter che ha pubblicato un annuncio di lavoro quando ci si candida ad un ruolo che ci interessa particolarmente per dimostrare la propria passione e motivazione, così come è molto importante allargare la propria cerchia di contatti se si vuole conoscere meglio com’è la vita lavorativa in una determinata azienda o chiedere una mano a qualcuno per un referral. Non siate timidi e sfruttate LinkedIn come facilitatore di relazioni per raggiungere i vostri obiettivi. In bocca al lupo!”.