Michele Del Gatto, Il Valore del Network ai Tempi dell’Università

Project Manager di un’associazione studentesca, Community Volunteer per il TEDx, Brand Ambassador per il Mashable Social Media Day. Un esempio da seguire

L’Università è come un labirinto. A tutti gli Studenti viene concesso di partire dallo stesso punto di inizio. Ma solo pochi sono in grado di districarsi tra le diverse strade percorribili, e ancora meno visualizzano realmente il punto di arrivo. C’è chi arriva alla fine per tempo, chi in ritardo e chi, alla fine del labirinto, semplicemente non ci arriva.

Michele Del Gatto è uno di quegli Studenti universitari che, il punto di arrivo, lo sta visualizzando molto bene. Come tutte le persone che sanno dove andare, sta costruendo un passo alla volta la strada che lo condurrà alla meta. Serve impegnarsi all’Università, certo, ma soprattutto perseguire attività extra-accademiche e assaporare i primi contesti professionali.

Project Manager di un’associazione studentesca, Community Volunteer per il TEDx, Brand Ambassador per il Mashable Social Media Day. Michele rappresenta tutto quello che uno Studente dovrebbe essere. È un ragazzo affamato, dunque brucia le tappe rispetto ai colleghi, ma è soprattutto strategico nelle sue azioni. Sa cosa pubblicare sui social network per alimentare il proprio brand personale. Sa, soprattutto, a quali eventi partecipare per mettere un primo piede nella porta del mondo del lavoro.

Questa stessa intervista è una prova tangibile del fatto che, muoversi bene, significa favorire la serendipità e fare in modo che piccole opportunità si aprano all’orizzonte. Michele ha lavorato molto bene al Mashable Social Media Day e Sara Veltri, nostra Docente, ci ha segnalato il suo nome come ragazzo iper promettente. Visto il suo endorsement è risultato quasi naturale intervistare Michele. Dopotutto, le persone in gamba meritano una vetrina e noi abbiamo tutto il piacere di condividere il suo punto di vista con la nostra community.

Convinti che sia sulla strada giusta per fare bene, lasciamo a Michele la parola e gli facciamo l’in bocca al lupo per il suo prosieguo accademico e professionale.

L’Università vive un momento particolare. Il mercato del lavoro è evoluto in fretta, e l’accademia tradizionale spesso sembra non essere in grado di stare al passo coi tempi. Cosa ti stai riportando a casa dalla tua esperienza presso l’Università degli Studi di Milano?

“Avete ragione: tra università e mondo del lavoro c’è davvero un enorme gap. Secondo me ci sono tante variabili da tenere in considerazione: la vita accademica viene vissuta ormai in modo troppo passivo, le passioni personali richiedono tempo ed energia che non si trovano mai, le aziende cercano profili dai requisiti utopistici. Il rischio di rimanere perennemente in un limbo di inattività è elevato. Ho notato che nei corsi di laurea magistrale, a differenza di quanto avviene in triennale, si tenta di coinvolgere maggiormente gli studenti con lezioni non più frontali ma interattive, con lavori di gruppo o testimonianze aziendali. Sono iniziative certamente lodevoli ed efficaci, ma spesso finalizzate solamente al tanto temuto esame finale. Io credo che la formazione universitaria sia sì necessaria ma non sufficiente per affrontare il mondo del lavoro: questa consapevolezza è fondamentale per non rimanere intrappolati in questo profondo abisso!”.

Il primo passo nel mondo del lavoro è sempre quello più complesso da muovere. Tanta voglia di fare, certo, ma un curriculum che non consente di attaccare le aziende con confidenza. Come hai ottenuto la tua prima opportunità di lavoro e che consiglio ti sentiresti di dare a un giovane inesperto ma con la voglia di iniziare quanto prima a ‘sporcarsi le mani’?

“Vi potrei rispondere con il solito luogo comune della comfort-zone da cui bisogna uscire il prima possibile, ma preferisco esser più concreto. Vi racconto la mia esperienza. Sto per concludere il mio corso di laurea triennale e non mi sento formato in pieno: riconosco ed intuisco la mia attitudine e la mia curiosità nei confronti del marketing.

Inizio a leggere libri e blog, mi candido per entrare in un’associazione studentesca appartenente ad un network internazionale e focalizzata su quelle tematiche, passo la selezione, conosco realtà nuove, partecipo a vari eventi formativi gratuiti a Milano. Affronto con dedizione ogni giornata e cerco di migliorarmi: vengo eletto Project Manager, Responsabile dell’Area Comunicazione della Junior Enterprise e parallelamente porto avanti il mio percorso di studi.

Come dite voi, mi sporco le mani in qualcosa che mi appassiona ma allo stesso tempo mi avvicina al mondo del lavoro: nonostante non mi faccia guadagnare un euro, mi gratifica e mi fa crescere. Il mio CV inizia a risultare più credibile: trovare un’opportunità di stage non è più un miraggio. Continuare con questa propensione alla crescita personale e professionale è stata sicuramente una strada proficua: io sono partito da sottozero, mi sono rimboccato le maniche e mi sono dato da fare per cambiare una situazione che non mi rendeva soddisfatto. Non esistono formule magiche standard ma solo la volontà di emergere e fare la differenza!”.

Sul tuo profilo LinkedIn svettano sopra tutti gli altri due nomi importanti: Mashable Social Media Day e TEDx. Non si diventa Brand Ambassador e Community Volunteer per caso. Avevi una chiara strategia di attacco nei loro confronti e l’hai perseguita in modo lineare. Cosa ti ha spinto ad entrare nel network dei principali eventi tech & digital in Italia?

“Costanza e passione: sono questi i due ingredienti principali. La mia strategia globale, se vogliamo definirla così, è stata quella di impostare e sviluppare una precisa attività di personal branding. È sempre questione di credibilità: non vi nego che sono anni ormai che sto molto attento a ciò che pubblico online, perché tento sempre di esser coerente con la mia presenza offline. Credo che oggi i social network contribuiscano in modo rilevante a farsi una prima e decisiva idea sulle persone.

Soprattutto per quanto riguarda il Mashable Social Media Day, conoscere Eleonora Rocca e la sua community prima online e poi offline è stato davvero entusiasmante perché mi ha arricchito come persona e come professionista. Inevitabilmente, quando ti fidelizzi ad un brand e ti identifichi nei suoi valori, diventa tutto più coinvolgente: condividere esperienze e competenze con altre persone è un valore aggiunto davvero inestimabile!”.

L’Italia è un Paese molto diverso dagli Stati Uniti per tanti motivi ma uno spicca in particolare su tutti. È la cultura del fallimento, così spaventosa da abbracciare nel Belpaese e così romantica nel mondo anglosassone, specie quello imprenditoriale. Poi ci sei tu, italiano, che nel sommario di LinkedIn recita di credere ‘fermamente nella cultura del fallimento come opportunità di crescita personale e professionale’. Come intendi sposare questo concetto nel prosieguo della tua carriera?

“Ammetto che potrebbe risultare un po’ arrogante come frase. Ma nel corso della mia seppur breve esperienza ho capito che sperimentare continuamente ed imparare dai propri errori è davvero cruciale. Da appassionato di startup, non posso che abbracciare totalmente la filosofia del fail fast, succeed faster. Io credo che in un mondo così dinamico come quello odierno sia troppo importante saper reagire ai cambiamenti che ci travolgono. È tutta questione di innovare e rinnovare la propria quotidianità costantemente.

Purtroppo in Italia attribuiamo alla nozione di fallimento un’accezione prettamente negativa, non solo nel mondo imprenditoriale ma anche a livello umano. Considerare il fallimento come insegnante e non come becchino secondo me è sintomo di un elevato grado di maturità intellettuale: ad alcuni sembrerà un paradosso, ma mi auguro di fallire il più possibile. Perché solo così potrò davvero crescere!”.