Reputazione aziendale e risorse umane: la copertina fa veramente il libro?
– Dalla rubrica di Federica Cortesi, “The Buzz” –
Sarebbe bellissimo potervi stupire tutti svelando la ricetta segreta per la perfetta immagine aziendale.
Purtroppo per voi non ne dispongo; a mia discolpa posso rendervi partecipi del mio “buzz”.
Sono Federica, ho 34 anni, lavoro da tempo nel settore delle Risorse Umane e, che ci crediate o meno, non mi accontento di una bella foto mia e/o delle persone con cui collaboro per promuovere il benessere dell’ambiente in cui lavoro. Lo considero un aspetto importante ma non esclusivo.
Spesso ci si ritrova all’interno di processi e strategie già avviati o da avviare; iniziative da organizzare o eventi cui partecipare. Dei piani pensati in termini di comunicazione verso l’esterno. Ci siamo mai chiesti cosa c’è prima di tutto questo? Se è vero che una buona strategia di Employer Branding porta giovamento nello sviluppo dei processi di selezione, non trovate sia altrettanto vero il contrario ? Concentrandosi sul miglioramento di questo processo si può di fatto agevolare il brand e la sua immagine.
La relazione come valutazione
Il momento del colloquio è sempre particolarmente delicato; c’è chi lo affronta come un interrogatorio, come un esame o un’analisi. Di base, è un momento dove effettivamente si è sottoposti a valutazione. Si arriva tesi, a buon bisogno le mani sudano, la voce si rompe, la giacca si scuce e la camicia si macchia.
Ma avete mai pensato che ad essere valutato non siete solo voi ma, viceversa, anche il vostro esaminatore e l’azienda che rappresenta in quel momento?
Cambiandone la logica, pensando quel momento come un raccontarsi a vicenda, può aiutare entrambe le parti a conoscersi e a decidere, scegliere se legare il propri valori intellettuali verso una realizzazione complementare. Altresì, in un momento storico dove fa da padrona la tecnologia e l’alienazione è dietro l’angolo, questa necessità si fa sempre più forte. Le persone hanno il dovere morale di non lasciarsi sopraffare dalla forzata impalpabilità antropica e, in virtù dell’investimento intellettuale ed emotivo, meritano manifestazioni di riguardo durante tutto l’iter di selezione. Difficile ambizione, ma non impossibile.
Il peso della propria “valigia”
Nella mia esperienza professionale di colloqui ne ho affrontati tantissimi e, come una moderna “Andy” ne “Il Diavolo veste Prada”, di figuracce e situazioni bizzarre ne ho vissute. Niente di tutto quel che si trova nei manuali o nei libri dedicati. Al di là della scrivania c’è nella maggior parte dei casi una persona carica di responsabilità che in quel momento, deve intervistare un’altra persona. Voi.
Come è possibile affrontare tutto questo garantendo una buona performance?
Magari c’è una riunione di mezzo, gli obiettivi da raggiungere, il telefono che squilla per la consegna di un progetto; di fatto quella persona non solo la devi intervistare ma conoscere. Allora via tutti gli schemi, via le tabelle e benvenute domande singolari, racconti d’azienda personali.
Consigli per gli acquisti
Se sei un recruiter, usa il cv come fosse una mappa, esploralo, ascoltalo e se puoi, approfondisci quel che più di singolare il candidato può raccontarti. Parlagli della tua carriera, chiedigli della sua, cosa ha destato il tuo interesse, di come sei arrivato ad intervistarlo e di come potresti dare riscatto alla sua figura professionale. Consiglialo laddove ne senti il bisogno.
Se sei un candidato, punta sulle competenze acquisite ma rendile personali, arricchiscile con aneddoti che avvalorano le tue esperienze. Racconta di quella volta che hai organizzato un partita a bowling con i colleghi o di quando hai smanettato sui sistemi informatici tanto da mandarli in palla per poi risolvere il bug. Rivela la tua curiosità intellettuale e interessati delle parole del tuo intervistatore. Le domande hanno un senso solo se alimentano una conversazione brillante palesando la tua motivazione.
Il processo di selezione si può considerare chiuso e Il buon colloquio definire tale, nel momento in cui è stato raggiunto il compromesso tra le parti, positivo o negativo che sia.
In caso positivo, caro recruiter, incontra il tuo nuovo collega; caro candidato, respira la realtà dove lavorerai. In caso negativo, caro recruiter, dai un feedback al candidato, se lo merita e tu, caro candidato, non pensarti mai sbagliato. Con molta probabilità non eravate affini.
In entrambi i casi, cara Azienda, mostrati educata con chi intervisti; il tempo e l’impegno di tutti hanno un valore che, se rispettato, porta ugualmente un buon ritorno d’immagine.